FRANCESCO PEDRAGLIO
Maziar Firouzi, +39 02 8295 4344
2020-2022

Questo audio descrive l’opera Maziar Firouzi, +39 02 8295 4344 (2020-2022) di Francesco Pedraglio, tra le quattro selezionate per il percorso sensoriale della mostra RETROFUTURO rivolto a un pubblico di persone cieche e nato dalla collaborazione tra il Dipartimento per l’Educazione Preventiva e il corso-laboratorio Didattica museale. Questa narrazione si basa sull’attivazione delle percezioni sensoriali come base principale di comunicazione.

01:59:59

MISURE: larghezza palcoscenici 15-30 cm, tela 50×160 cm, altezza strutture 105-145 cm 

 

MATERIALI: Bronzo, Ferro, Acrilico su tela 

 

SCHEDA DESCRITTIVA-TATTILE: L’installazione è costituita da sette palcoscenici, ovvero piccoli elementi scultorei tridimensionali realizzati in bronzo dorato, la cui larghezza varia dai 15 ai 30 cm, rappresentanti vari ambienti di una casa immaginaria: un balcone, un corridoio, una finestra, un tetto, una colonna, un pavimento e una cantina. Ogni scultura, la cui superficie è spigolosa e caratterizzata da un’accentuata rugosità, è sorretta da un cavalletto composto da aste di ferro assemblate e intrecciate tra loro in modo sempre diverso, che, come strutture astratte, disegnano lo spazio.

Questi oggetti sono disposti in cerchio attorno a uno dei palcoscenici, la colonna, e collocati a poca distanza l’uno dall’altro, tanto che è difficile girarci intorno. Si trovano ad altezze simili, circa 1,10 m, fatta eccezione per il tetto, che risulta essere sovrastante di quasi 30 cm. 

La decostruzione della casa, ridotta nelle sue parti essenziali, è completata dalla collocazione sullo sfondo di una tela di 50×160 cm, posta a ricoprire da entrambi i lati un riquadro in ferro della misura di 50×80 cm sostenuto lateralmente da due aste metalliche poggiate a terra e alte circa 1 mt. La superficie dipinta con colori acrilici presenta su un lato, nella parte inferiore, un blu intenso che sfuma verso l’alto e degrada nel lato opposto della tela verso il giallo, per ricordare le variazioni cromatiche del cielo nell’alternarsi del giorno e della notte. L’artista, sul palcoscenico rappresentante il tetto di questo immaginario edificio, ha inciso un numero di telefono che, una volta digitato, permette di ascoltare un suo personale racconto, nel quale vengono descritte le azioni e i pensieri del protagonista in relazione agli ambienti che lo circondano. 

 

Così gli spazi vuoti, silenziosi e disabitati diventano il teatro di storie che se condivise acquistano «un senso nella testa di chi ascolta o di chi guarda» e continuano autonomamente a riprodursi.