2016

APPUNTI DI UNA GENERAZIONE #3 Matteo Basilè – Gioacchino Pontrelli

26.05.201602.10.2016

Terzo appuntamento del ciclo di mostre curato da Costantino D’Orazio e promosso da Roma Capitale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, che indaga la ricerca degli artisti italiani emersi negli anni ’90. Protagonisti di questo appuntamento Matteo Basilé (Roma, 1974) e Gioacchino Pontrelli (Salerno, 1966)

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Studio #1 e Studio #2

Al Macro Basilé presenta per la prima volta le opere della sua nuova serie dal titolo “Pietra Santa”, lavoro svolto tra le cave di Carrara. Come di consueto, l’artista contamina la sua fotografia con le suggestioni della tradizione artistica italiana costruendo immagini oniriche e surreali. Figure chimeriche animano gli scatti dell’artista dove personaggi sospesi in uno scenario quasi lunare, sembrano emergere dalle enormi ferite bianche che si aprono sul fianco delle pendici scoscese delle cave di marmo. Così come per Michelangelo, il compito di Basilé sembra essere quello di liberare da questa pietra selvaggia le presenze che vi sono imprigionate, ponendole in un paesaggio dove la scultura, l’architettura e la pittura si fondono per mettere in risalto la figura umana, sempre al centro della ricerca dell’artista, anche se trasfigurata attraverso molteplici riferimenti iconografici.

Nelle grandi tele di Pontrelli non bisogna avere la pretesa di trovare un universo spiegato nei suoi minimi particolari, ma piuttosto apprezzarle per i molteplici percorsi che si possono scoprire all’interno di queste. La sua pittura oggi sembra aver risolto felicemente la presenza di linguaggi differenti, dove astratto, figurativo, collage e fotografia, trovano una nuova sintesi e dove grazie al colore l’artista traccia, rimanda e definisce ogni sua composizione.

Anche nel suo caso ci troviamo di fronte al risultato di una manipolazione di segni e immagini che evocano iconografie della tradizione, rielaborate attraverso una pittura intensa e complessa. L’occhio penetra i suoi dipinti ritrovando alcuni riferimenti spaziali che vengono confutati all’improvviso e continuamente messi in discussione.

Biografie

Matteo Basilé nasce a Roma nel 1974 dove vive e lavora. Inizia la sua carriera a metà degli anni ’90 ed è tra i primi artisti in Europa a fondere arte e tecnologia. Basilé possiede la straordinaria capacità di conciliare idee opposte come il bello e il grottesco, reale e surreale, naturale e artificiale. Esplorando le nature dell’essere umano, l’artista sviluppa il suo racconto dividendo il suo lavoro in capitoli: The Saints are Coming (2007), Thisoriented (2009), Thishumanity (2010), Landing (2012), UNSEEN (2014): una serie di passaggi indipendenti in cui l’artista negozia la sua percezione dell’esistenza. Tra le principali mostre personali ricordiamo: Lumen et Umbra, Galleria Zeta Effe, Firenze, 2016; Pilgrimade – Data, Orto dell’Abbondanza, Urbino, 2014; Unseen, Museo D’Arte Moderna Vittoria Colonna, Pescara, 2014; Unseen, Palazzo Collicola, Spoleto, 2014; Matteo Basilé solo exhibition 2007/2013 – 53 Art Museum, Guangzhou, China, 2013; Landing, Espace Soardi, Nice, France, 2013; Thishumanity, Istituto Italiano di Cultura di Madrid, Spagna, 2012; Landing, Galleria Guidi & Schoen, Genova, 2012; The far Near – Thishumanity, Hubey Provincial Academy of Art Museum, Wu Han City, China, 2011; Seisenzanome, Galleria Lorenzo Ronchini- Terni, 2011; Thisumanity – The Saints are coming – Last act, Galleria Emme Otto, Roma, 2010.

Tra le principali collettive segnaliamo: Super, Bibo’s Place, Todi, 2016; Intro, Il Ponte Contemporanea Gallery, Roma, 2016; MappeMondi, Galleria Eventinove, Torino, 2015; Circolare, Autostazione, Bologna, 2015; Seven Doors, Palazzo della Regia Dogana, Roma, 2015; La Metamorfosi e il Simbolo Animale, Hybrida Contemporanea, Roma, 2014; Crossover A dialogue between the Chinese School of Hubei and the new Italian Art Scene, Tesa 113, Arsenale Nord, Venezia, 2013; About Caravaggio, Scuderie Aldobrandini, Roma e nel 2009 è invitato nel Padiglione Italia alla Biennale di Venezia Curata da Luca Beatrice e Beatrice Buscaroli.

Gioacchino Pontrelli nasce a Salerno nel 1966, vive e lavora a Roma. Dopo la formazione all’Accademia di Belle Arti di Roma, esordisce con la sua prima mostra personale “Io e Te” nel 1995 nella Galleria Nova di Roma, dove comincia la sua ricerca nell’ambito dell’interpretazione e rivisitazione di oggetti che definiscono la realtà attuale in cui l’artista e noi tutti viviamo. Tra le principale mostre personali ricordiamo: Gioacchino Pontrelli, Tornabuoni Arte, Firenze, 2015; Quadreria Pontrelli, Galleria Francesca Antonini ArteContemporanea, Roma, 2014; Comportamento Emergente, a cura di Raffaele Gavarro, Galleria Oltre Dimore, Bologna, 2012; Di quanti millimetri è fatto il mondo, Antonella Cattani Arte Contemporanea, Bolzano, 2011.

Tra le collettive segnaliamo: La Gorgiera del tempo, MAC Museo d’Arte Contemporanea di Lissone, (MB), 2016; Art is real. Una collezione impermanente, Piazza Pasquino 69, Roma, 2014; Dove l’acqua riposa, La Nuova Pesa, Centro per l’Arte Contemporanea, Roma, 2014; Nanjing International Art Exhibition, Cina, 2014; Towards which planet?, a cura di Raffaele Gavarro, Canal05 Gallery, Bruxelles, Belgio,2014; Nell’acqua capisco 55. Biennale di Venezia, – Evento collaterale, Paratie Vecchie, Piazza San Marco e Ateneo Veneto, Venezia, 2013.

VIDEOCRACY: Bruce Nauman > Cheryl Donegan

26.05.201602.10.2016

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MACRO Hall e Foyer

La video-mostra, curata da Marco Fabiano e promossa da Roma Capitale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, rappresenta la prima tappa di un viaggio all’interno della Collezione dei video del MACRO, dalla quale sono stati estrapolati e messi a confronto tre video dei due più grandi ed importanti video-artisti del Novecento: Bruce Nauman e Cheryl Donegan.

Di Bruce Nauman verrà trasmesso Walking in an Exaggerated Manner Around the Perimater of a Square (1967-68, 10’ 35”) e di Cheryl Donegan sarà trasmesso Head (1993, 5’ 56”) e Sets (1997, 3’ 16”).

Il confronto/raffronto fra generazioni, generi, tipologie mediali e metodologie filmiche del “fare” video nel XX secolo danno anche la possibilità di rileggere, ovviamente in maniera minimale e, se si vuole, appena accennata, la concettualità di un periodo, gli anni Sessanta di Nauman in cui questo tipo di arte è esplosa, rispetto a quello degli anni Novanta, con Donegan, in cui l’arte del video era ormai “prodotto” appunto d’arte entrato direttamente nei circuiti del sistema dell’arte internazionale. In primo piano quindi il rapporto fra due diverse fasi della video arte, quella che potremmo definire come “archeologica”, legata ancora all’azione e al concettuale, a confronto appunto con quella degli anni Novanta dove l’azione è superata dalla tecnica.

Videocracy è citazione di una saggio di Rosalind Krauss riguardante appunto la videocrazia di questo tipo di arte rispetto ad altri stili. Ovviamente l’artista si riferisce ad un periodo cronologico e artistico più vicino a Nauman, ma che possiamo traslare anche a Donegan, soprattutto nel momento in cui la medialità dell’arte è realmente divenuta dominante.

Segni, Alfabeti, Scritture. Percorsi nell’Arte Contemporanea attraverso la Collezione MACRO

26.05.201602.10.2016

Arthur Duff, Rope, 2010-2011, tubi al neon sagomati, MACRO

Sale Collezione

Terzo appuntamento del ciclo di mostre che intende valorizzare la collezione permanente del museo. 

La mostra indaga il rapporto tra arti visive e scrittura, un legame che ha attraversato la storia dell’arte dell’ultimo secolo, a partire dalle avanguardie storiche, con i collages dei cubisti, le “parole in libertà” dei futuristi, le opere dadaiste, la pop art, la poesia visiva degli anni Settanta, fino all’arte concettuale del secondo Novecento.

Attraverso una selezione di opere non figurative – in cui la scrittura può essere intesa sia in senso puramente gestuale e calligrafico, sia in senso concettuale, dove lettere e parole entrano a far parte di giochi linguistici e compositivi – la mostra propone varie declinazioni di questo rapporto in base alla scelta di alcuni maestri della collezione permanente del Museo, che comprende, come è noto, opere datate a partire dagli anni ’60 fino ad oggi.

Avviene così che lettere e parole possono diventare pura immagine, elementi compositivi indipendenti dal significato, e che, viceversa, l’immagine creata dai segni impressi dall’artista sulla superficie dell’opera possa diventare a sua volta scrittura.

L’opera più antica in esposizione è Superficie 572, del 1955, di Giuseppe Capogrossi, proveniente dalla Galleria di Arte Moderna (GAM) di via Crispi, museo la cui collezione è in rapporto di continuità storica con il MACRO.

Nell’ambito della Collezione MACRO sono presenti in mostra opere di: Gastone Novelli, Achille Perilli, Antonio Sanfilippo, Bice Lazzari, Carla Accardi, Pietro Consagra, Gianfranco Baruchello, Nicola De Maria, Domenico Bianchi, Vasco Bendini, Naoya Takahara, Maurizio Arcangeli, Claudio Adami, Luca Maria Patella, H. H. Lim, Claire Fontaine.

Come di consueto, si inseriscono in mostra anche le opere facenti parte dei comodati d’uso in corso nel museo, considerate a tutti gli effetti parte della collezione. In questo caso specifico, grazie al comodato Unicredit, sono presentate le opere di Mocellin/Pellegrini, di Jean Marc Bustamante e di Maurizio Arcangeli. Infine, si segnala anche la presenza di prestiti esterni, che hanno permesso la presenza di due artisti che, in questo contesto, sembravano imprescindibili, Alighiero Boetti ed Emilio Isgrò.

Il catalogo della mostra, a cura di Antonia Arconti ed edito da Palombi Editori, prosegue il progetto editoriale che il MACRO sta dedicando alla collezione permanente, giunto già al terzo volume. Testi di Federica Pirani e Antonia Arconti.

lasciami entrare. Alessandro Valeri

02.06.201628.08.2016

Foyer 1

La mostra di Alessandro Valeri è l’ultima tappa di un viaggio iniziato dall’artista nel 2011 a Tzippori (Sepphoris in greco antico) in Galilea, vicino a Nazareth.

E’ lì che, all’interno di un moshav ebraico in una zona del paese prevalentemente abitata da arabi musulmani, un piccolissimo gruppo di suore dell’Ordine delle Figlie di Sant’Anna gestisce, con operatori cristiani, ebrei e musulmani, un orfanotrofio che accoglie bambini senza alcuna distinzione di etnia o religione.

Alessandro Valeri vuole aiutare, vuole dare il suo contributo, mettendo a disposizione la sua creatività, la sua arte, il suo impegno. Torna laggiù varie volte, in un crescendo di interesse e di attenzione per quell’oasi di affetti e lavoro. Attiva amici, conoscenti, scatta fotografie, registra suoni, fa riprese video, disegna con e per i bambini. Nasce SEPPHORIS, un progetto per sostenere le attività di un luogo speciale per la diversità culturale e religiosa che rappresenta.

Il primo importante risultato lo raggiunge nel 2015 con la mostra ALESSANDRO VALERI SEPPHORIS curata da Raffaele Gavarro e ospitata al Molino Stucky per la 56. Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia, come evento collaterale. In mostra, in una suggestiva installazione campeggiano le grandi tele delle foto di Tzippori, sulle quali l’artista interviene con segni e colori. Opere che Valeri ha donato alla casa d’accoglienza, impegnandosi direttamente nella vendita e il cui ricavato è servito ad acquistare beni di prima necessità per l’orfanotrofio.

Il secondo traguardo è il libro SEPPHORIS che narra il progetto attraverso testi ma soprattutto immagini. Con l’intento di raccogliere ancora fondi, l’artista da due fotografie ha realizzato una serie di 100 esemplari numerati, di 50 x 63 cm.

Il progetto approda a Roma, negli spazi di MACRO Testaccio, La Pelanda – Foyer 1, con la mostra lasciami entrare, dove attraverso una nuova dimensione narrativa la presenza dei bambini di Tzippori si fa via via più evidente e il loro mondo, fatto di sogni e speranze troppo spesso disilluse, viene raccontato in un percorso visivo dove fotografia e pittura sono immerse in un’opera di sound-design. Migliaia di matite spezzate segneranno il cammino, che culminerà in un’installazione sospesa, un vecchio banco di scuola posizionato nel vuoto per evocare il diritto all’istruzione, spesso negato. Ma non tutto è perduto: la felicità si misura davanti ad una macchina per lo zucchero filato.

La mostra, curata da Micol Veller Fornasa, prevede anche gli interventi critici di Barbara Martuscello e Jonathan Turner.

Tattoo Forever. Mostra internazionale del tatuaggio

02.06.201624.07.2016

MACRO Testaccio
La Pelanda 2 e Factory

La più grande mostra internazionale mai realizzata sul tatuaggio, inteso come moderna e originale espressione artistica.

La mostra, che nasce da un’idea di Maria Costici, organizzata da Federica Nicosia e dalla storica dell’arte Francesca Villanti per C.O.R. Creare Organizzare Realizzare promossa da Roma Capitale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali eDipartimento Servizi Educativi e Scolastici, Politiche della Famiglia, dell’Infanzia e Giovanili, Promozione dello Sport e Qualità della vita, vuole rendere omaggio al Tattoo, una delle forme grafiche più antiche dell’uomo, già celebrata da importanti rassegne a Parigi e Londra, come undicesima e acclamata rivelazione d’arte contemporanea.

Una conferma per Roma Capitale del ruolo vitale svolto da sempre a favore della cultura innovativa. TATTOO Forever è infatti anche un tributo a quella grande mostra pensata con una straordinaria modernità da Renato Nicolini e allestita ai Mercati Traianei nell’aprile del 1985, dal titolo emblematico L’Asino e la zebra, origini e tendenze del tatuaggio contemporaneo.

Un’arte che fa proprio ancora oggi quel memento mori così caro all’iconografia medioevale con le sue danze macabre di teschi e scheletri, che appartengono però da sempre all’immaginario dell’uomo sin dalla preistoria, e di cui il tattoo ne ha adottato la simbologia come profonda meditazione sulla fatuità dell’essere e sulla fugacità della vita.

Tutto si dissolve, anche quella tela effimera su cui il tatuaggio imprime emozioni e fantasie, storie di vite destinate a scomparire insieme all’ultimo respiro.

La mostra di Roma, che vede Asia Argento come testimonial, rappresenta per il tatuaggio un accoglimento ufficiale nel mondo dell’arte; affidata alla direzione artistica di Marco Manzo, uno dei tatuatori italiani più famosi a livello internazionale, è un viaggio globale attraverso la storia e la cultura del tatuaggio; divisa in sezioni, introdotta da quella storica con testimonianze e reperti museali, prosegue con la fotografica, pittorica e grafica con l’esposizione di opere firmate dai più grandi artisti del Tattoo.

Tra le curiosità, una collettiva dedicata ai teschi, una delle simbologie più di tendenza tra i giovani, al mondo dei vignettisti, a B-INK con le sue sessantaquattro lettere dell’alfabeto tatuate e a INKARTA, una inedita esposizione di trentacinque tavole disegnate per raccontare stili e tendenze del tatuaggio dall’antichità ai nostri giorni. VANITAS VANITATUM è invece una sezione dedicata ad artisti contemporanei non tatuatori che espongono opere su tela o sculture collegate sempre al mondo Tattoo.

STORIA
Un focus sulla mostra L’Asino e la zebra, origini e tendenze del tatuaggio contemporaneo aprirà la sezione storia, perseguendo lo stesso cammino iniziato trenta anni fa allo scopo di valorizzare un concetto di cultura versatile e moderna e per affermare, come allora, che l’essenza del tatuaggio è antica e attuale, sofisticata e popolare, ripetitiva e originale, raffinata e plebea, ma eternamente indelebile nella sua spiritualità.

FOTOGRAFIA
Attraverso le foto di Michael Laukien, quindici immagini scattate in giro per il mondo, ci interroghiamo sulla filosofia del tatuaggio e sul suo significato. La sezione propone una serie di ritratti di persone tatuate appartenenti a tribù diverse, alcune delle quali aventi più di 100 anni. Nelle opere appare chiaro come, nonostante la caducità del corpo umano, i tatuaggi spesso incisi sulla pelle decadi prima, perdurino fino alla morte e alcune volte anche dopo.

ARTISTI CONTEMPORANEI
Le opere esposte dei più grandi artisti del Tattoo italiani ed internazionali, sono la conferma per il tatuaggio di un accoglimento ufficiale nel mondo dell’arte, con cui ha dimostrato di avere una interessante contaminazione che utilizza proprio la simbologia come moderno elemento espressivo di purezza e libertà artistica, ricca e provocatoria, liberandola da quella emarginazione culturale in cui era rimasta per secoli imprigionata.
Un’arte solitaria ma nobile nella sua essenza, distinta dalle altre, che sceglie con coraggio un supporto vivo e mortale come quello del corpo.
Ma allo stesso tempo un’arte complementare alle altre, dalla storia millenaria, che pone l’uomo al centro dell’ universo, come una tela da dipingere, una scultura da modellare.
Nomi internazionali come Stefano Alcantara, Joe Capobianco, Yomico Moreno, Nick Baxter, Colin Dale, Paul Booth espongono tutti insieme in questa mostra il meglio della loro produzione artistica. Tra gli artisti italiani Antonio Proietti, Roberto Borsi, Alex De Pase, Billi Murran, Andrea Lanzi e Marco Manzo che presenta la sua ultima opera un busto dorato in bronzo dedicato ad Asia Argento.

CHEYENNE TATTOO ARTIST GALLERY
Una sezione della mostra è dedicata alle immagini degli artisti della scuderia Cheyenne, l’azienda tedesca leader mondiale nella produzione delle macchinette del tatuaggio.

Simone Pfaff & Volker Merschky (aka Buena Vista)
Chaim Machlev (aka Dots to Lines)
David Rinklin (aka Neon Judas)

ARTISTI EMERGENTI
È la sezione interamente dedicata ai giovani artisti emergenti italiani presentati da Ars Estetica l’Accademia che dal 1990 si occupa di formazione professionale nel settore della bellezza, del benessere e della body art a 360 gradi. E’ proprio per attribuire al Tatuaggio la corretta posizione tra le “arti figurative” che nasce il progetto che vedrà in esposizione 15 brillanti talenti emergenti, non solamente con foto di lavori eseguiti su pelle, ma anche con illustrazioni, tavole e dipinti, che testimonieranno la necessità di una formazione artistica completa che è fondamento imprescindibile per l’esercizio dell’arte del tatuaggio.

TATTOO FOR PEACE
Il Grande Canale della Pace®, progetto di MultiOlistica giunto alla sua terza edizione in un anno, presenta nell’ambito della mostra un interessante padiglione denominato “TATTOO FOR PEACE” in cui espongono i testimonial del progetto, Dario Fo con un ritratto femminile dal titolo Libertà così dolce e preziosa e Romina Power con l’olio su tela Rosario in cielo, assieme ad altri artisti della cordata: il maestro argentino Federico Brook, il giovane e talentuoso pittore Daniele Bongiovanni e l’’interessante e originale scultore Paolo Di Nozzi, tutti presenti con opere a tema.
Ampio spazio sarà anche dedicato alla mostra inedita del 13° Festival Internazionale di Humor Grafico che vede la presenza di 100 vignette di autori di tutto il mondo dedicate all’arte del tatuaggio.

TATTOO COUTURE
Ed infine il Tattoo come elemento di seduzione femminile, come nuovo simbolo di quella ricercatezza estrema che solo la Moda può rappresentare e che nella sezione Tattoo Couture vede le creazioni di sei stilisti dell’Alta Moda Italiana e due Accademie rendere omaggio all’arte del tatuaggio.
Alessandro Consiglio, Tiziano Guardini, Guillermo Mariotto per Gattinoni, Anton Giulio Grande, Italo Marseglia, Gianni Molaro; Valentina Passaro per l’Accademia Maria Maiani e Anna Paola Rescigno per la Camera Europea dell’Alta Sartoria, racconteranno attraverso la loro creatività e i virtuosismi delle loro tecniche, dal ricamo alla pittura, il legame che unisce due mondi, quello della Moda e quello del Tatuaggio.
Gli abiti saranno presentati in una inedita installazione artistica di Arte Vetrina Roma con l’utilizzo di manichini storici realizzati in maniera scultorea nei primi anni 80.
I corpi, ispirati alla moda trasgressiva e stravagante di quel periodo,  hanno forme provocanti in contrasto con pose morbide e sinuose.

Ugo Rondinone giorni d’oro + notti d’argento

10.06.201611.09.2016

a cura di Ludovico Pratesi

MACRO Testaccio
Padiglione 9B

Promossa da Roma Capitale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali

Con il supporto di Sadie Coles HQ (Londra), Gladstone Gallery (New York-Bruxelles), Galerie Eva Presenhuber (Zurigo) e Esther Schipper (Berlino).

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Foto:
Ugo Rondinone
vocabulary of solitude, 2014
Museum Boijmans Van Beuningen, Rotterdam, 2016
Polistirene, resina epossidica, tessuto
Dimensioni varie
Courtesy l’artista, Sadie Coles HQ, Gladstone Gallery e Galerie Eva Presenhuber

La mostra si articola in due spazi: il MACRO Testaccio e i Mercati di Traiano. Nelle due sedi l’artista svizzero ha pensato un unico percorso che si sviluppa intorno a due grandi installazioni ambientali concepite come due cicli,  giorni d’oro e notti d’argento, che trasformano gli spazi in luoghi fantastici, dove il visitatore può vivere le opere come un’esperienza visiva e concettuale.

Il padiglione 9B del MACRO Testaccio ospita giorni d’oro che riunisce alcune opere dell’artista in un ambiente abbagliante, dominato da luci e colori, animato dalla grande installazione vocabulary of solitude, che, dopo il successo al Museum Boijmans di Rotterdam, arriva per la prima volta in Italia, per proseguire nel prossimo dicembre al Bass Museum di Miami, in occasione di Art Basel.

L’opera è costituita da 45 clown che rappresentano, con le loro 45 differenti posture, momenti della vita quotidiana, denunciando allo stesso tempo l’allucinazione della solitudine umana.
La mostra presso Macro Testaccio è arricchita dalla presenza di centinaia di arcobaleni disegnati dagli studenti delle scuole di Roma, coinvolti direttamente dall’artista in collaborazione con il Dipartimento Didattica del museo.

Note biografiche
Nato a Brunnen (Svizzera) nel 1964, Ugo Rondinone vive e lavora a New York. La sua opera ruota intorno a visioni legate alla fantasia e al desiderio, non prive di aspetti ludici, giocosi e surreali. Ha esposto nei principali musei di arte contemporanea del mondo, dal New Museum di New York al Louisiana di Copenaghen. Nel 2007 ha rappresentato la Svizzera alla Biennale di Venezia, e nel 2013 ha esposto l’installazione Human Nature al Rockfeller Center di New York. L’ultima mostra pubblica a Roma risale al 2001, Kiss Tomorrow Goodbye, a Palazzo delle Esposizioni. Fra le mostre recenti i love john giorno al Palais de Tokyo, Parigi, 2015; artists and poets, Vienner Secession, Vienna, 2015; breathe walk die, Rockbund Art Museum, Shanghai, 2014; we run through a desert on burning feet, all of us are glowing our faces look twisted, Art Institute di Chicago, 2013. Le sue opere sono in prestigiose collezioni pubbliche e private, tra le quali il MoMA di New York, L’ ICA di Boston, il San Francisco Museum of Modern Art, il Walker Art Center di Minneapolis ed il Dallas Museum of Art.

The Question of Beings – Yahon Chang @ Roma

24.06.201628.08.2016

Esposizione nell’ambito di From La Biennale di Venezia to MACRO. International Perspectives, nuovo progetto espositivo, ideato e curato da Paolo De Grandis e Claudio Crescentini, dedicato alla presentazione presso gli spazi del MACRO di alcune installazioni internazionali provenienti dalla Biennale Internazionale di Venezia – 56. Esposizione Internazionale d’Arte, ricomposte e rimodellate site-specific.

Promosso da Roma Capitale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e organizzato in collaborazione con PDG Arte Communications, il progetto vede convergere insieme le “prospettive” d’arte di due città che lavorano per far viaggiare le esperienze dell’arte internazionale sul territorio nazionale. Dalla città lagunare appunto alla Capitale. Due città legate da una tradizione storico-artistica imponente che sono riuscite ad arricchire ulteriormente questo bagaglio per dare voce e vita all’arte contemporanea e far emergere e valorizzare questa risorsa, ricorrendo ad azioni di documentazione dell’esistente, di promozioni di iniziative ma anche di connessioni internazionali. Ricerca avviata da Paolo De Grandis già nel 1995 con l’ideazione dei padiglioni esterni alla Biennale di Venezia e la presentazione di nuovi paesi. L’innovazione sta quindi nel percorso che le opere effettueranno da una città all’altra e da uno spazio all’altro, arricchendosi di significati, nutrendosi di un nuovo pubblico, modificandosi nel nuovo allestimento creato appositamente per il MACRO dai vari artisti internazionali invitati a partecipare.

Yahon Chang ricrea per il MACRO l’esplorazione concettuale della sua installazione site-specific, composta da dipinti a inchiostro e realizzata espressamente per la 56. Esposizione Internazionale d’Arte presso la mostra del MOCA Taipei nel quadro degli Eventi collaterali della Biennale di Venezia, aggiungendovi nuove opere dedicate al MACRO – La Pelanda che, pur rifacendosi allo stesso quadro concettuale scelto per la Biennale di Venezia, sempre con il titolo The Question of Beings, riecheggeranno il sito storico della Pelanda.

In occasione dell’Evento collaterale allestito lo scorso anno alla 56. Esposizione Internazionale d’Arte – la Biennale di Venezia, Yahon Chang ha esplorato il tema “The Question of Beings” presso l’Istituto Santa Maria Della Pietà, dove ha creato una mostra site-specific costituita da una serie di nuovi dipinti a inchiostro su carta e installazioni con supporti misti, sondando la natura conscia e inconscia dell’individuo. Con la sua installazione specifica per il sito, che ha occupato tutto lo spazio espositivo, finestre, porte, soffitto, pareti e pavimenti, Chang si è interrogato sulla diversità e la complessità degli esseri viventi in uno sforzo per compenetrarsi nelle similitudini e nelle differenze esistenti tra i recessi dell’istinto umano e animale, riflettendo anche sulle proprie esperienze di vita mediante una ritrattistica in stile meditativo che risuona con i suoi sentimenti di diniego, lotta, accettazione e amore in questo mondo. I suoi ritratti di esseri senzienti, pur offrendo una materia varia, rappresentano la coesione attraverso l’unicità del loro stile compositivo. Suggerendo un legame spirituale con la chiesa posta di fronte alla sede dell’esposizione, hanno inteso evocare un sentimento di commemorazione per gli esseri del passato, del presente e del futuro, ricomprendendone al tempo stesso la grandezza e la mediocrità, i successi e i fallimenti.

Negli ultimi anni, Chang ha esposto presso diverse sedi, spesso realizzando opere site-specific, ma nell’ultimo anno le dimensioni delle sue opere sono cresciute come le sfide con cui si cimenta. Dalla 56. Esposizione Internazionale d’Arte – la Biennale di Venezia, Chang ha iniziato a creare opere site-specific più grandi per ogni mostra nel tentativo di riprodurre le dimensioni dello spazio e collegarsi con il contesto storico del sito, oltre che intessere un dialogo più ricco e creare una maggiore interazione con gli spettatori. Poiché nella sua evoluzione ama sempre più misurarsi con le sfide di una mostra site-specific, questa volta, per lo spazio del MACRO Testaccio – La Pelanda, l’artista si pone a un altro livello, sia fisico che psicologico, che lo porterà a realizzare in loco, nell’arco di 5 giorni, un’installazione formata da una serie di opere a inchiostro su drappi di tela, ciascuno lungo dai 10 ai 20 metri, che penderanno dal soffitto permettendo al pubblico di perdersi nei meandri di un labirinto di opere raffiguranti vari volti di esseri umani. I lunghi drappi richiamano il tradizionale dipinto paesaggistico cinese ricordando per analogia la cascata, ma la fluidità delle sue pennellate di inchiostro sulle tele ritrae diversi visi di esseri senzienti nel contempo astratti ed espressivi, metafora del corso della vita.

Chang ha amalgamato l’estetica della calligrafia con linee espressive per ritrarre una serie di volti che, nei lineamenti, rappresentano il sacro, il mondano e l’animalità. I molteplici visi riempiono il centro dello spazio espositivo su lunghi drappi di tela che raggiungono il pavimento, creando un ambiente interattivo che permette al pubblico di accedere a un mondo simile a un “Facebook alternativo” esortando lo spettatore a contemplare la natura degli esseri senzienti e, al tempo stesso, interrogarsi sul significato della propria identità e del senso della vita.

MACRO Testaccio – La Pelanda, ex mattatoio, ora è stato trasformato in uno spazio espositivo per l’arte contemporanea. Le opere di Chang fungeranno da commemorazione del passato, interrogandosi nel contempo sul significato della vita. Per la mostra di Venezia dello scorso anno, la sede scelta era un ex ospedale e orfanotrofio e Chang si è ricollegato al passato dei luoghi con la sua memoria e la sua fede, riflettendo sulla Vergine Maria, Gesù Cristo, l’essere umano e l’animale. Analogamente, al MACRO, Chang dipingerà sul posto per creare una composizione di quadri a inchiostro destinata allo spazio della Pelanda che riecheggi l’orrore e la fugacità della vita in un mattatoio, richiamandosi all’olocausto e ai conflitti dello scorso secolo che ricordano il doloroso processo della civiltà umana.

L’installazione costituita da dipinti a inchiostro conterrà anche sculture in ferro che fuoriusciranno dalle pennellate delle opere dell’artista, il cui senso non è creare una scultura in termini di status di grandezza, né un punto di riferimento, bensì una figura che abbraccia il suo ambiente e la natura materiale. La materialità della scultura in ferro interagirà con l’ambiente e subirà gli effetti degli agenti atmosferici naturali, per cui la ruggine rappresenterà la sua natura umile, ossia la decadenza e il ritorno alla natura, ed è proprio questa erodibilità che Chang sceglie per esprimere la natura effimera della vita e darle voce. La sua scultura non tenta di emergere dall’ambiente quanto piuttosto di mescolarsi con ciò che la circonda. Il ferro in sé è un materiale industriale durevole, ma la sua superficie non trattata si ossida e si deteriora, tanto da agire in direzione opposta rispetto alla durevolezza del materiale industriale e alla tradizione dell’imperitura grandeur della scultura. Con il suo pennello, Chang cosparge acqua sulla scultura che reagirà con l’aria e il sole, lasciando tracce delle sue pennellate sul ferro che accentuano i tratti figurativi dei visi incisi sulla superficie.

Roma Pop City 60-67

13.07.201627.11.2016

MACRO Sala e Foyer

In esposizione oltre 100 opere, fra dipinti, sculture, fotografie, installazioni e anche film d’artista e documentari, recuperati grazie alla collaborazione con il Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale, che hanno come protagonista la Roma dei primi anni ’60, trasformata e rivissuta mediante l’immaginario visivo degli artisti della cosiddetta Scuola di piazza del Popolo.

Dal punto di vista artistico, si tratta di uno dei momenti più esaltanti per la città di Roma, ricca di stimoli intellettuali e sperimentazioni, grazie all’intensa attività artistica e culturale di Franco Angeli, Nanni Balestrini, Gianfranco Baruchello, Umberto Bignardi, Mario Ceroli, Claudio Cintoli, Tano Festa, Giosetta Fioroni, Jannis Kounellis, Sergio Lombardo, Francesco Lo Savio, Renato Mambor, Gino Marotta, Titina Maselli, Fabio Mauri, Pino Pascali, Luca Maria Patella, Mimmo Rotella, Mario Schifano, Cesare Tacchi, Giuseppe Uncini.
Questi gli artisti in mostra, che si riappropriano di una città in rapida trasformazione e definizione trasformandola in arte, mediante un immaginario visivo dove appunto Roma, i suoi spazi, le componenti urbane, la segnaletica stradale, la pubblicità, i monumenti ma anche la natura e l’ambiente diventano ispirazione per una diversa impostazione figurativa, iconica e non descrittiva e che supera completamente i canoni commerciali e produttivi – dal prodotto all’arte potremmo dire – della Pop Art americana, segnando quindi confini, spazi e teorie.

Una nuova realtà artistica internazionale che ha dato vita, con il superamento della pittura Informale degli anni Cinquanta, ad un immaginario fortemente attratto dal contesto urbano e dalle icone della società e del consumo di massa, ma anche dal recupero dell’immagine e della figurazione storica dei movimenti italiani del primo Novecento, su tutti il Futurismo e la Metafisica. Del resto sono proprio i nuovi miti, le esigenze del nuovo ceto urbano nell’epoca del boom economico, che in parte spingono questi artisti ad interagire con la vita stessa della popolazione.

Pop, popular, popolare o di natura popolare, dal popolo e per il popolo, se vogliamo anticipare uno dei temi e degli slogan più utilizzati nell’arte della seconda metà del decennio, grazie appunto al recupero di una formula artistica di tipo pittorico e figurativa, focalizzata nel delimitato periodo individuato: 1960-1967. In attesa quindi del Sessantotto, ormai ritenuto mondialmente “l’anno cruciale della società”, al quale il MACRO dedicherà una ulteriore mostra che sarà realizzata proprio in coincidenza dei cinquant’anni (2018). L’anno simbolo quindi “della rivoluzione”, anche visuale e strutturale, di molti di questi stessi artisti, con l’inevitabile débordement delle loro opere verso il teatro, l’azione, l’environment e l’ambiente.

Nel catalogo (Manfredi editore) saranno presenti saggi inediti di: Nanni Balestrini, Lorenzo Canova, Laura Cherubini, Andrea Cortellessa, Claudio Crescentini, Alberto Dambruoso, Marco Di Capua, Costantino D’Orazio, Stefano Malatesta, Domenico Monetti, Raffaella Perna, Federica Pirani, Fabio Sargentini, Silvia Volpicelli. Oltre ad interviste inedite ad Achille Bonito Oliva e Lorenza Trucchi e la riproposizione di una intervista, ormai, storica (1990) di Maurizio Calvesi.

Da settembre 2016 saranno realizzati una serie d’incontri con artisti, personalità della cultura e studiosi del settore, mentre l’ufficio Didattica del MACRO proporrà laboratori e visite guidate rivolte alle scuole di ogni ordine e grado, università e accademie, adulti e famiglie, con un’attenzione particolare rivolta al mondo della disabilità, tramite l’attivazione di specifici percorsi didattici.

Grazie alla preziosa collaborazione e al finanziamento della Fondazione Paola Droghetti onlus – per una cultura della conservazione d’arte, sarà realizzato un attento restauro dell’opera di Mario Ceroli, Goldfinger (1964), uno dei pezzi storici della collezione del MACRO, inserita appunto nella presente mostra. Sempre in relazione a tale intervento, la Fondazione realizzerà, da ottobre prossimo, una serie di incontri con studiosi e specialisti del settore e, per il finissage della mostra, presenterà il volume relativo al restauro, alla presenza dello stesso Ceroli.

La mostra, promossa da Roma Capitale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e curata da Claudio Crescentini, Costantino D’Orazio, Federica Pirani, vanta un Comitato scientifico composto da Nanni Balestrini, Achille Bonito Oliva, Maurizio Calvesi, Laura Cherubini, Andrea Cortellessa, Claudio Crescentini, Costantino D’Orazio, Raffaella Perna, Federica Pirani, Fabio Sargentini, Lorenza Trucchi.

MUTA IMAGO – Antologia di S.

08.09.201617.09.2016

Atelier

Nel 1993 Riccardo Fazi trascorre una settimana di vacanza a Rimini con i suoi genitori. Conosce qui una ragazza quattordicenne come lui, che la sera prima della sua partenza lo saluta regalandogli una musicassetta registrata con un messaggio: “Ciao Roma! Ci vediamo a Santarcangelo!”.
Il ritrovamento ventidue anni dopo di questo oggetto e del ricordo che contiene innesca una ricerca: Fazi arriva a Santarcangelo e inizia a chiedere l’aiuto dei suoi abitanti per riuscire a dare un volto a quella voce del passato. Antologia di S. è il racconto di questa ricerca.

Nel 2015 il lavoro è stato presentato al Festival di Santarcangelo in forma di installazione: all’interno dell’appartamento dove Fazi aveva soggiornato era stato allestito un archivio di audiocassette contenente circa 500 minuti di registrazioni che l’artista aveva raccolto durante la sua ricerca.
 L’ inventario sonoro di un paese e dei suoi abitanti, mentre entrano in relazione con la storia della ricerca di una donna e con le domande che questa ricerca solleva: l’infanzia, il rapporto con un luogo, il futuro, le scelte, il modo in cui tempo, spazio e sogni si muovono e si spostano nell’arco di una vita.

A gennaio 2016 il programma Tre Soldi di Radio Rai Tre manda in onda una versione editata dei materiali: ne vengono fuori cinque puntate, da quindici minuti l’una. La versione radiofonica di Antologia di S. riscuote un incredibile successo, tanto che il lavoro viene scelto dalla Rai per partecipare al Prix Italia e al Prix Europa, i due maggiori concorsi internazionali per opere radiofoniche e televisive. Per la partecipazione ai premi il materiale viene ridotto ulteriormente, fino ad arrivare a una versione di quaranta minuti.
Sarà questa la versione che si potrà ascoltare al Festival Short Theatre.

Ideazione Riccardo Fazi, Claudia Sorace
Realizzato da Riccardo Fazi – Muta Imago
Prodotto da Muta Imago, Santarcangelo Festival Internazionale del Teatro in Piazza, TreSoldi Radio3
Curato da Daria Corrias
Redazione Fabiana Carobolante, Daria Corrias, Lorenzo Pavolini, Elisabetta Parisi
Supervisione Jonathan Zenti
www.mutaimago.com

Per ulteriori informazioni

Edgar Honetschläger – LOS FELIZ

23.09.201618.10.2016

MACRO Testaccio
Padiglione 9A

Mostra del noto artista e regista viennese Edgar Honetschläger, ispirata all’omonimo film LOS FELIZ, che in collaborazione con il Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale, sarà proiettato in anteprima italiana presso il Cinema Trevi unitamente ad altri film dell’artista. Previste altre proiezioni del film a Roma.

La mostra e le proiezioni del film fanno luce su un progetto straordinario che l’artista/regista ha portato a compimento nell’arco di quindici anni. Honetschläger ne ha impiegati tre e mezzo soltanto per dipingere e disegnare rappresentazioni iconografiche della terra delle opportunità. Una sezione di quest’opera onnicomprensiva – che consta di 18 dipinti giapponesi a inchiostro, ciascuno di 4×16 m,  e circa 250 disegni, alcuni grandi addirittura 5×8 m – viene, appunto, presentata al MACRO Testaccio.

Nel film LOS FELIZ una macchina appositamente costruita fa muovere gli enormi dipinti, creando l’illusione di un’auto in corsa attraverso i tipici paesaggi americani. Questa gigantesca macchina per gli sfondi, che svela il meccanismo con cui è stato prodotto il lungometraggio, viene presentata sotto forma di installazione.

Il Cristianesimo è l’unica religione ad aver reso l’immagine la fonte principale del proprio potere. Partendo da questo presupposto, LOS FELIZ di Edgar Honetschläger postula che “Coloro i quali creano le immagini dominano il mondo” e collega continuamente le due città-simbolo della produzione e della manipolazione di immagini: Roma/Città del Vaticano e Los Angeles/Hollywood. Ma esiste una forza che tende a sfidare questa supremazia dell’Occidente…

Come il libro della Genesi, anche il lungometraggio ha una struttura divisa in sette giorni: il primo si svolge a Roma, l’ultimo a Los Angeles, e nei cinque di mezzo il viaggio da est a ovest dei protagonisti ritrae un’America bidimensionale, in bianco e nero, che rielabora l’iconografia classica dei road movie statunitensi. LOS FELIZ racchiude in un’unica stanza la vastità del continente nordamericano. Una fiaba, allo stesso tempo commedia e tragedia, che delinea con umorismo e ironia una caricatura dell’onnipresenza dell’immaginario occidentale e dei film hollywoodiani nel mondo – senza mai tralasciare di prendersi gioco di se stessa, dell’illusione dei film e del genere canonico dei road movie.

LOS FELIZ
Un road movie girato in studio da EDGAR HONETSCHLÄGER
Tre cardinali assumono il diavolo per impedire che l’Occidente perda la propria supremazia sul mondo, ricorrendo al loro asso nella manica: le immagini dell’America. A bordo di una Mercedes-Benz degli anni Cinquanta il diavolo inglese, la giovane guardia francese di un museo e una dea Shinto giapponese viaggiano da Roma a Los Angeles attraverso un’America a due dimensioni, fatta di dipinti e disegni. La FAMA è ciò che cerca la ragazza. L’AMORE è ciò che la signora proveniente dall’estremo ORIENTE non è in grado di provare. La profondità è ciò che DESIDERIAMO. Il 3D è quello che OTTENIAMO. Gli Stati Uniti delle IMMAGINI.

L’artista/regista ha dichiarato sul film:
“Il film si realizza all’interno di Los Feliz – la regione centrale di Los Angeles, ai confini di Hollywood, nota per le costose dimore storiche e le celebrità che ci vivono – dove la protagonista incontra il proprio alter-ego, alla disperata ricerca della fama. A Los Angeles non esistono le stagioni (il che è precisamente il motivo per cui l’industria cinematografica si è spostata lì), il cielo è sempre azzurro, gli irrigatori zampillano gioiosi e i giardini sono ben curati. Ogni volta che si guarda fuori dalla finestra, niente sembra mai cambiare. L’unica cosa che cambia siamo noi. Ci guardiamo allo specchio ed ecco una nuova ruga! L’immutabilità di Los Angeles, quindi, non può includere gli esseri umani, ed è proprio per questo che l’industria della bellezza domina sugli abitanti di questa città. La promessa dell’eterna giovinezza è programmatica e i film di Hollywood diffondono da decenni questa ideologia nel resto del mondo”.

Edgar Honetschläger, nato e cresciuto in Austria, è un artista e regista che ha vissuto cinque anni negli Stati Uniti, dodici in Giappone, tre in Italia e uno in Brasile. Tra le varie mostre internazionali cui ha preso parte con i suoi lavori, ricordiamo Documenta X e i festival del cinema Berlinale e di Cannes, oltre a centinaia di festival cinematografici in tutto il mondo.

Rachel Howard

23.09.201618.10.2016

MACRO Testaccio
Padiglione 9B

Con “Paintings of Violence (Why I am not a mere Christian)”, installazione composta da dieci dipinti e una scultura l’artista inglese Rachel Howard prosegue la sua ricerca sulla religione, la morte e la violenza, in particolare quella violenza calma, controllata, pianificata.

La scelta del titolo proviene da una lettura del 1927 di Bertrand Russell, appunto “Why I Am Not a Christian”, a cui l’artista aggiunge l’aggettivo mere (puro e semplice) dopo aver letto l’opera teologica di C.S. Lewis, “Mere Christianity”.

La Howard ha impiegato cinque lunghi anni, dal 2011 al 2016, per portare a compimento questi 10 dipinti, ciascuno dei quali riproduce nelle dimensioni l’altezza dell’artista e l’apertura delle sue braccia. Utilizzando una riga a T, che rievoca un crocifisso, la Howard lavora con mano salda, facendo scorrere sulla superficie pittorica dall’alto verso il basso uno strato di colore rosso sangue, macchiando la luminosa superficie pittorica. Questo processo viene poi ripetuto, inserendo altro colore, facendolo scorrere e tamponadolo. Alla fine l’artista piega gli asciugamani utilizzati per asciugare la riga a T e li sistema su un piedistallo, come testimonianza del lungo processo creativo. “L’essenza di questo lavoro,” spiega Thomas Krens della Fondazione Guggenheim “è la performance: la pittura come danza, movimento, rigore intellettuale ed estrema parsimonia nell’attuazione di un’intensa, ripetitiva, stratificata, disciplinata e infinita differenza gestuale”.

La Howard così descrive Paintings of Violence (Why I am not a mere Christian):“… Non si tratta di un atto violento da baccanale, quanto invece della mano calma e ferma della violenza che agisce su ampia scala. È il danno massimo, attentamente pianificato e portato a termine senza fretta; quindi il lento taglio attraverso il colore a olio cremisi d’alizarina, che fa emergere il colore sottostante, puro e vulnerabile. E poi la ripetizione, tela dopo tela, in modo sempre uguale, ma ogni volta diverso”. L’artista si riferisce ad atti di violenza pianificati in grado di sopraffare chiunque; questi atti di terrore, queste minacce alla stabilità della vita quotidiana, hanno tutti qualcosa in comune. Sono diversi tra loro ma, per certi versi, rimangono sempre gli stessi.

Presenti in mostra anche altre opere della Howard: sono dipinti nuovi, recenti, che riproducono motivi e reticoli. Queste opere esplorano le peculiari qualità della pittura a olio, sfidando le canoniche regole di fruizione legate a questo mezzo di comunicazione così tradizionalmente codificato. Nelle tele più grandi, Symptoms and Side Effects (2016) e Wood for Trees (2016), la Howard analizza il rapporto di continua alternanza tra sfondo e primo piano. L’artista racconta di aver voluto “far emergere l’aspetto decorativo, dare ad esso una vita propria, giocare con motivi e reticoli per suggerire, magari, l’esistenza di un lato immaginario contrapposto ad uno più  reale, prosaico”. Questi dipinti, insieme a quelli con motivi “a griglia”, analizzano i concetti di ordine ed entropia.

Nel 2017 Paintings of Violence (Why I am not a mere Christian) saranno esposti per la prima volta negli Stati Uniti presso il MASS MoCA, Massachusetts, mentre da fine settembre 2016 sarà disponibile una pubblicazione dedicata a queste opere con tavole a colori e testi di Thomas Krens, Louisa Elderton e Will Self.

Tra le più recenti mostre personali dell’artista si ricordano: At Sea, Jerwood Gallery, Hastings (2015); Northern Echo, Blain|Southern, Londra (2014); Folie à Deux, Blain|Southern, Londra (2011); Repetition is Truth, Museo d’Arte Contemporanea Donna Regina, Napoli (2011); Still Life / Still Here, Rachel Howard, New Paintings, Sala Pelaires, Palma de Mallorca (2011); Human Shrapnel – oil drawings on paper, Other Criteria, Londra (2010); Der Wald, Haunch of Venison, Zurigo (2009); Rachel Howard: invited by Philippa van Loon, Museum van Loon, Amsterdam (2008); How to Disappear Completely, Haunch of Venison, Londra (2008); e Rachel Howard – New Paintings, Gagosian Gallery, Los Angeles (2007); Tightrope, Shaheen Modern and Contemporary Art, Ohio (2002) e Painting 2001, Anne Faggionato, London (2001). Tra le recenti mostre collettive ricordiamo invece: Daydreaming with Stanley Kubrick, Somerset House, London (2016); Summer Exhibition 2016, Royal Academy of Arts, London (2016); Settle Opere per la Misericordia, quarta edizione, a cura di Mario Codognato, Pio Monte della Misericordia, Napoli (2016); Sleepless, Beds in History and Contemporary Art, 21er Haus, Vienna (2015); Invitation to a Beheading, a cura di Rachel Howard, Marianne Boesky, New York (2013); Freedom Not Genius, a cura di Elena Geuna, Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli, Torino (2012), in tour presso il Multimedia Art Museum, Mosca (2013).

Le opere della Howard sono presenti in numerose collezioni pubbliche e private, tra cui l’Ackland Art Museum, North Carolina, il Museum van Loon di Amsterdam, la David Roberts Foundation di Londra, la Goss-Michael Foundation di Dallas, l’Olbricht Collection di Berlino e le collezioni Murderme e Hiscox, Londra. L’artista vive e lavora a Londra.

Digitalife: Immersive Exhibit

07.10.201627.11.2016

La mostra è sezione del Romaeuropa Festival dedicata all’interazione tra discipline artistiche, ricerca scientifica e nuove tecnologie. L’interazione tra lo spazio reale e quello virtuale, la decostruzione delle coordinate spazio-temporali, la costruzione di un “altrove” immersivo, utopico e allucinatorio sono solo alcuni degli obiettivi perseguiti, nelle loro opere, dagli artisti Shiro Takatani, Christian Partos, Kurt Hentschläger e degli italiani NONE. 

Fluidità, immersione, de-virtualizzazione sono le tre parole chiave scelte da Richard Castelli per descrivere le opere in mostra.

Tra i fondatori di Dumb Type – collettivo giapponese impegnato sin dal 1984 nella sperimentazione delle nuove tecnologie digitali e della musica elettronica in ambito performativo- Shiro Takatani presenta ST/LL opera nata per la macchina 3D Water Matrix da lui stesso realizzata: un vero e proprio medium audiovisivo, una macchina robotizzata che scolpisce sculture d’acqua in tempo reale creando una continua illusione di forme e immagini. Una cascata d’acqua, infatti, è controllata da 900 valvole a loro volta programmate da un computer. L’elemento naturale, così manipolato e animato dalla luce crea sorprendenti visioni capaci di coinvolgere lo spettatore. In ST/LL piccole gocce d’acqua costruiscono delle vere e proprie animazioni che sfidano la gravità e rimpiazzano i pixel abituali del cinema digitale.

A utilizzare questa stessa macchina come uno scultore è invece Christian Partos, di ritorno a Digitalife dopo sei anni con The Sorcerer’s Apprentice. L’opera, presentata per la prima volta alla Citè des sciences et de l’industrie di Parigi, usa le 900 valvole elettroniche di 3D Watermatrix per creare figure che abitano lo spazio in una danza fluida.

Una vera e propria immersione è offerta da Zee, opera di Kurt Hentschläger, creatore tra il 1992 e il 2003 del progetto Granular Synthesis e audace sperimentatore nell’ambito dei linguaggi elettronici e digitali. Versione installativa d’uno spettacolo inizialmente commissionato da Romeo Castellucci, Zee ospita gli spettatori in un ambiente nebbioso, in cui non si riconosce e individua neppure il vicino più prossimo. Stimoli luminosi, architettati da Kurt, permettono al cervello di creare le proprie immagini astratte e allucinatorie.

Devirtualizzante è invece l’opera del collettivo italiano NONE (Gregorio De Luca Comandini, Mauro Pace e Saverio Villirillo) che con Deep Dream_Act II lavora sull’immaginario digitale collettivo, sulla espressione più triviale dell’immagine elettronica e sul ruolo del web quale collettore e ridistributore di vouyerismo e futilità. Specchio, video e luci moltiplicano le nostre ossessioni virtuali all’infinito immergendo lo spettatore in uno spazio d’immagini randomiche, come in un sogno profondo.

Venerdì 25 novembre, nell’ambito della mostra, si potrà anche osservare da vicino l’androide parlante Geminoid HI-4 progettato dal professore giapponese Hiroshi Ishiguro a sua immagine e somiglianza.

TALENT PRIZE 2016

15.10.201630.10.2016

Mostra della nona edizione del Talent Prize, il premio annuale della rivista Inside Art dedicato ai giovani artisti. L’iniziativa è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e rientra nell’ambito della settimana del contemporaneo nella Capitale “Contemporaneamente Roma” coordinata dall’Azienda Speciale Palaexpo.

Projectroom #1 #2

Il Talent Prize decreta ogni anno un vincitore e nove finalisti che rappresentano al meglio le tendenze artistiche attuali.

La giuria, quest’anno composta da Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, presidente dell’omonima Fondazione, Ludovico Pratesi, direttore artistico del Centro Arti Visive Pescheria di Pesaro, Federica Pirani, responsabile servizio mostre della Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, Marcello Smarrelli, direttore della Fondazione Ermanno Casoli, Anna d’Amelio Carbone, direttrice della Fondazione Memmo Arte Contemporanea, Rocco Guglielmo, direttore artistico del Museo Marca di Catanzaro e Guido Talarico, editore e direttore di Inside Art, ha assegnato il primo premio a Matteo Nasini, per l’opera Sparkling Matter. Un progetto di ricerca incentrato sulla trasformazione delle onde cerebrali registrate durante il sonno in suono e materia. Le sculture sono derivate da registrazioni di fasi R.E.M. e sogni che l’artista ha acquisito attraverso un encefalogramma, poi lavorate con un software di modellazione e infine colate in porcellana con una stampante 3d.

Esposte anche le opere dei nove finalisti, in rappresentanza delle diverse categorie artistiche. Tra questi due fotografi, Silvia Mariotti e Marco Maria Zanin, con due progetti incentrati sulla memoria, Pazin 2 (Aria Buia) e Cavalho. In maggioranza gli esponenti della sezione installazione, tra cui si schierano Gli Impresari, con In sua movenza è fermo; Afterall, con Just one damn thing after the other; Deda Klodian con Hotel Avogadro, Leonardo Petrucci con 3586 Solar System e Marco Strappato I’ve caught Derek Jarman and Yves Klein looking at my desktop wallpaper. Unica artista della categoria video, Elena Mazzi con The financial singing; mentre si affianca al vincitore nella sezione scultura Simona Andrioletti con Summit.
Si aggiungono al vincitore e ai finalisti anche i premi speciali, selezionati dai maggiori sostenitori del Talent Prize. Prima fra tutti la Fondazione Terzo PilastroItalia e Mediterraneo che ha selezionato la fotografia di Simona Luchian, Supporto per immagine.
Il premio speciale Piccini Group è stato invece assegnato alla sudafricana Lenia Georgiou, per l’opera Poxiàs. Infine l’editore di Inside Art Guido Talarico ha consegnato una speciale menzione a Domenico Laterza per la scultura Dancer.
Il percorso espositivo si articolerà nelle project room al secondo piano e tenterà di fare il punto sulla variegata produzione artistica contemporanea, nella quale risulta sempre più difficile rintracciare una linea comune e omogenea.
Al vincitore, ai finalisti e ai Premi speciali verrà anche dedicato, oltre alla mostra, un approfondimento sul magazine Inside Art, in uscita nel mese di novembre.

Yi Zhou. Fragments of Rome, past, future, parallel worlds

21.10.201627.11.2016

MACRO Hall

Terza tappa per il progetto espositivo From La Biennale di Venezia to MACRO. International Perspectives, ideato e curato da Paolo De Grandis e Claudio Crescentini, dedicato alla presentazione di alcune installazioni internazionali provenienti dall’Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia, ricomposte e rimodellate site-specific appositamente per il MACRO.

Il progetto vede convergere insieme le “prospettive” d’arte di due città che lavorano per far viaggiare le esperienze dell’arte internazionale sul territorio nazionale. Dalla città lagunare appunto alla Capitale. Due città legate da una tradizione storico-artistica imponente che sono riuscite ad arricchire ulteriormente questo bagaglio per dare voce e vita all’arte contemporanea e far emergere e valorizzare questa risorsa, ricorrendo ad azioni di documentazione dell’esistente, di promozioni di iniziative ma anche di connessioni internazionali. Ricerca avviata da Paolo De Grandis già nel 1995 con l’ideazione dei padiglioni esterni alla Biennale di Venezia e la presentazione di nuovi paesi.

In occasione di questo terzo appuntamento è presentata la mostra di Yi Zhou, artista cinese che vive tra Roma, Shanghai, Hong Kong e Los Angeles che rappresenta la nuova generazione di artisti interdisciplinari di talento.

Yi Zhou crea grandi installazioni multimediali in cui abbina cinematografia, animazione digitale, fotografia, scultura, pittura, disegno e composizioni di musica contemporanea con collaborazioni prestigiose come con il Maestro Ennio Morricone in occasione delle sua partecipazione alla Biennale nel 2011.

Il suo lavoro esplora il regno dell’iperrealismo e del neorealismo: da un lato, trae forme visive e tangibili dall’immaginazione e dai sogni; dall’altro, conferisce un aspetto surreale alla stessa natura. Le sue opere, sintesi complessa di fantasia, letteratura, mitologia, filosofia e nuova tecnologia, imbevute di cultura cinese e mediterranea, introducono la magia conturbante di personaggi e paesaggi virtuali e soprannaturali, calati nella realtà effimera della vita, dell’amore e della morte, usando il linguaggio simbolico dell’inconscio. Fonde metodi espressivi antichi, come la scultura in marmo e la pellicola da 35 mm a tecniche estremamente avanzate, come l’animazione 3D. I suoi film esplorano il limite tra sogno e realtà, immaginazione e follia, verità e menzogna, vita dopo la morte. 

Nella MACRO Hall Yi Zhou presenta un’installazione multimediale con animazione 3D con echi letterari e richiami alla storia di Roma e alle sue rovine. I video sono proiettati su lastre di marmo a ricreare un ambiente interattivo.

Quello di Yi Zhou è un mondo popolato di visioni notturne filtrate da reminescenze letterarie, riferimenti reinventati, capovolti o recuperati che si ripetono con insistenza, rifuggendo facili esempi didascalici per aprirsi a contaminazioni culturali ed esperimenti di linguaggio. Nelle animazioni 3D, popolate di visioni apocalittiche ma che lasciano sempre uno spiraglio di luce,  le immagini alterate, desemiotizzate, danno vita ad un haiku nostalgico che azzera ogni traccia di senso compiuto, aprendo la narrazione a una dimensione astratta, diluita lungo un movimento a spirale.

16:13 – Talent Awards dell’Accademia di Belle Arti di Roma

27.10.201606.11.2016

Padiglione 9B

Seconda edizione del Talent Award dell’Accademia di Belle Arti di Roma. Il progetto, organizzato dal Corso curatoriale del Dipartimento di Comunicazione e Didattica dell’arte, in linea con le attuali pratiche culturali dell’Accademia di Roma, intende evidenziare la concreta e produttiva connessione esistente tra il mondo dell’arte e quello della formazione artistica.

I sedici artisti, scelti dagli “studenti/curatori”, rappresentano l’eccellenza della ricerca in ambito accademico, in relazione con le principali tendenze artistiche contemporanee. Le opere selezionate riflettono la felice disomogeneità dell’attuale produzione artistica, proponendo un’ampia pluralità dei linguaggi: dalla fotografia, all’installazione, al video, alla pittura.

Parte integrante del progetto è Rome meets Glasgow, una rassegna di performance a cura di Chiara Caramazza e Francesca Lilli, in collaborazione con la Glasgow School of Art.  Il progetto intende riflettere, attraverso il lavoro di otto artisti di culture e nazionalità diverse, sulla performance come strumento e metodo di comunicazione e di coinvolgimento del pubblico tramite comportamenti e gesti che stabiliscono legami sottili, ma spesso profondi.  Le performance saranno live la sera dell’inaugurazione; nei giorni seguenti sarà possibile vedere la documentazione video.

La mostra è stata realizzata con l’apporto congiunto di diverse scuole dell’Accademia, che hanno dato il loro contributo all’organizzazione, alla documentazione e all’allestimento dell’evento.

16:13

Gli Artisti: Michele Bellini, Adelaide Cioni, Alberto Costanzo, Luca Di Luzio, Marta Laureti, Emiliano Melchiorre, Tommaso Moretti, Marie Neumann, Patrick Ostrowsky, Claudia Roma, Farnoosh Samadi, Michele Spina, Filippo Trojano, Solmaz Vilkachi, Manuela Violi, Wang Ximan

Rome meets Glasgow

Performers: Lucia Bricco e Federica Peyrolo, Aile Cai, Wania Castronovo, Enya Zia Fortuna, Katy Hundertmark, Elise Touret, Daniella Turbin.

REACTION ROMA

11.11.201603.12.2016

Spazio Factory

Prima video installazione che mostra ROMA come non si è mai vista, un racconto collettivo che descrive la realtà urbana da una nuova prospettiva. Realizzato dalla gente comune utilizzando smartphone, tablet e videocamere, REACTION ROMA offre per la prima volta un volto nuovo, non convenzionale della Città Eterna, attraverso le immagini e i suoni di chi la vive e la attraversa quotidianamente.

In questi ultimi 12 mesi il regista Pietro Jona e il team di REACTION ROMA, tramite il sito  www.reactionroma.it,  ha raccolto centinaia di video girati da cittadini e video-maker, dal centro alla periferia, utilizzando i social media e incontrando sul territorio le realtà più disparate che animano una città sospesa, ma che ha in sé tutti gli elementi per poter reagire. Un esperimento audio-visivo che ha appassionato soprattutto i giovani, coinvolti tramite numerosi incontri nelle scuole e nelle biblioteche della città.

REACTION ROMA  è uno strumento innovativo che dà visibilità a punti di vista nuovi e originali su una delle città più belle, complesse e contraddittorie del mondo ed è anche il primo step di un format che mira a diffondere un nuovo linguaggio per raccontare tutte le metropoli del mondo.

Gillo Dorfles. Essere nel Tempo

27.11.201517.04.2016

La mostra, a cura di Achille Bonito Oliva, coordinamento scientifico e progetto di allestimento di Fulvio Caldarelli e Maurizio Rossi, è la prima antologica che rende omaggio all’opera totale di un padre storico della cultura visiva italiana, tra produzione artistica, pensiero critico e teorie estetiche.

Sale Collezione, MACRO Hall, Project room #2, Foyer, Terrazza

Gillo Dorfles, l’artista e il critico d’arte: due anime distinte, due differenti modi di vivere la relazione con il tempo. Da un lato, i tempi del mondo interiore: la sua vivacità espressiva autarchica e personalissima, imperturbabile di fronte all’avvicendarsi di avanguardie e correnti artistiche. Dall’altro lato, i tempi del mondo esteriore, l’orizzonte mobile della storia: il suo sguardo che indaga le oscillazioni del gusto, le evoluzioni estetiche e comportamentali del presente che caratterizza ogni epoca.

Oltre 100 opere, alcune delle quali esposte per la prima volta: dipinti, disegni e opere grafiche, ma anche una selezione di ceramiche e gioielli. Un inedito percorso attraverso il tempo, dalle creazioni più recenti (inclusi tre dipinti inediti realizzati nell’estate 2015) alla fondazione del Movimento per l’Arte Concreta (in mostra, anche documenti originali e cataloghi storici delle prime esposizioni), fino agli esordi giovanili degli anni Trenta. Un corpo espositivo in cui le coordinate temporali tendono però a dissolversi nella sincronia di un lungo presente, tuttora in espansione.
Per la prima volta, l’esposizione delle opere d’arte di Dorfles, è completata da due sezioni dell’allestimento, complici e complementari, che diventano occasione per ripercorrere oltre un secolo di storia, tra parola e immagine.

Istantanee è la sezione documentaria che raccoglie un ricchissimo repertorio fotografico e il corpo inedito dei carteggi che testimoniano il dialogo, l’amicizia e le affinità elettive di Dorfles con alcuni degli artisti e intellettuali più significativi del Novecento. Biografia che da personale si fa collettiva.
Dalle fotografie tratte dall’album di famiglia ai ritratti d’autore realizzati da amici fotografi come Ada Ardessi, Graziano Arici, Giovanna Dal Magro, Fabrizio Garghetti, Ugo Mulas e Ferdinando Scianna. Scritti autografi, lettere, appunti e annotazioni. E le poesie scritte negli anni Quaranta, apprezzate da amici come Saba e Montale, ma rimaste a lungo nel cassetto affinché superassero la prova del tempo.

Previsioni del tempo è la sezione intitolata allo sguardo lungimirante di Dorfles che ha sempre saputo avvistare il domani. Uno sguardo che rileva e coglie trasformazioni, mutazioni e stratificazioni apparentemente impercettibili: la realtà delle cose, sotto l’influenza del tempo.
Critica d’arte, estetica, architettura e design, musica e teatro, sistema dell’informazione e fenomenologie della comunicazione di massa, moda e costume sono alcuni dei saperi che concorrono alla lettura e all’interpretazione dello spirito dei tempi.
Citazioni tratte dalla produzione saggistica; estratti di docufilm, video-interviste e filmati di repertorio provenienti dall’archivio RAI Teche; postazioni audio che ripropongono interventi radiofonici. Un racconto modulato in prima persona, attraverso la viva voce dell’autore e che documenta la vastità dei territori esplorati da Dorfles al di là dei recinti disciplinari. Una narrazione diffusa che non può e non vuol essere esaustiva, ma evocativa: la sfida è che, all’uscita dalla mostra, la curiosità si faccia interesse e l’incontro frequentazione.

Durante il periodo di programmazione della mostra, il MACRO ospiterà due cicli di incontri ad ingresso libero: un calendario di appuntamenti di grande interesse, concepito per un pubblico allargato, il cui carattere divulgativo sarà valorizzato attraverso la pubblicazione on line delle lezioni-evento sul sito web ufficiale della mostra (www.dorflesmuseomacro.it).
Parola critica, a cura del Centro intedisciplinare di ricerca sul paesaggio contemporaneo, è la serie di talk dedicati ai temi fondamentali del pensiero critico di Gillo Dorfles.
Lezioni ad arte, è il ciclo di lezioni accademiche risultato del progetto didattico-scientifico ideato da docenti delle più importanti istituzioni universitarie di Roma, in collaborazione con la Didattica del MACRO – Area Università, Accademie e Progetti Speciali.

La Didattica del MACRO propone, inoltre: laboratori esperienziali sul mondo del colore (rivolti a bambini dai 5 ai 12 anni di età) realizzati con il sostegno di Faber-Castell; workshop Il colore del ricordo, esplorazione guidata al potere evocativo dei colori e alla realizzazione di un libro d’artista.

In occasione della mostra sarà presentata la prima delle sei tazzine della nuova illy Art Collection firmata da Gillo Dorfles. La collaborazione con illy, sponsor ufficiale di “Gillo Dorfles. Essere nel tempo”, nasce all’insegna di un’affinità che trova conferma non soltanto nelle comuni origini triestine, ma soprattutto nello stesso orizzonte culturale mitteleuropeo e nella predilezione per le arti contemporanee.

Il catalogo della mostra (Skira Editore, Milano) comprende, oltre al saggio critico del curatore Achille Bonito Oliva, scritti di Umberto Eco e Luigi Sansone. La pubblicazione è impreziosita da una vasta antologia critica dedicata alla produzione artistica di Dorfles e da una sua recente conversazione inedita con Fulvio Caldarelli e Federica Pirani.

ART SITUACIONS II

27.11.201531.01.2016

Studio #1 e #2

Seconda edizione della mostra ART Situacions, iniziativa spagnola che promuove e incoraggia l’arte contemporanea emergente, basandosi sul mecenatismo privato. ART Situacions analizza ogni volta la scena artistica di un determinato Paese mettendola in dialogo con quella spagnola. Quest’anno è protagonista la giovane scena artistica italiana.

ART Situacions II propone un’attenta ricerca sulle poetiche e sui linguaggi presenti oggi nell’arte visiva in Italia e in Spagna, presentando al MACRO i lavori degli artisti italiani Ludovica Carbotta, Gabriele de Santis, Anna Franceschini, Diego Marcon, Alek O., e degli artisti spagnoli Miren Doiz, José Guerrero, Rubén Guerrero, Teresa Solar Abboud, Anna Talens, selezionati all’unanimità da un comitato di esperti composto da María de Corral, Ilaria Gianni, Lorena Martínez de Corral e Vicent Todolí.

Gli artisti selezionati rappresentano una significativa panoramica delle odierne giovani generazioni di artisti nei due Paesi, le cui ricerche trasmettono, attraverso diverse sfumature e forme, un fedele ritratto del tempo di oggi.

La mostra intende presentarsi come un paesaggio stimolante e variegato, offrire un punto di vista privilegiato su alcune delle pratiche più strutturate, evocative e coerenti di questo momento storico e, allo stesso tempo trasmettere articolate e diverse interpretazioni del tempo che stiamo vivendo.

Consapevole del fatto che il sistema di valori sul quale la nostra società si fonda è ora in completa ridefinizione, ART Situacions considera la cultura, e l’arte in particolare, come un efficiente strumento per affinare i criteri che indirizzano verso un cambiamento, un percorso che permette di illuminare le incertezze cui l’essere umano è soggetto. Facendo i conti con la mancanza di opportunità che oggi le giovani generazioni si trovano a dover affrontare, ART Situacions si propone di sostenere e promuovere le ricerche attive nel campo dell’arte contemporanea e di diffonderle ad un pubblico più ampio.

ART Situacions non intende riflettere i gusti dei mecenati dietro l’iniziativa, né mettere in mostra un particolare tema o disciplina artistica, ma gettare un possibile sguardo sull’arte nell’epoca attuale, concentrandosi su alcuni dei discorsi più interessanti e coerenti.

EGOSUPEREGOALTEREGO. Volto e Corpo Contemporaneo dell’Arte

27.11.201508.05.2016

a cura di Claudio Crescentini

La mostra analizza il volto e il corpo nell’arte contemporanea, con focus sul volto e il corpo dell’artista che si auto-rappresenta e/o, a sua volta, è rappresentato.

Partecipa al Contest #MACROego. (terminato il 10 novembre 2015)

Hashtag della mostra:  #MACROego

Diventa così anche un modo per approfondire e dimostrare, nel concreto dell’arte stessa, quella che storicamente è definita come “pittura di genere”, con riferimento appunto all’autoritratto e al ritratto e, se vogliamo ampliare la denominazione attualizzandola, al selfie.

OPERE DALLA COLLEZIONE MACRO #2 EGOSUPEREGOALTEREGO

27.11.201522.05.2016

a cura di Claudio Crescentini e Marco Fabiano

MACRO Via Nizza, Sale Collezione

Continua il ciclo di mostre dedicato alla valorizzazione della collezione MACRO. In questo caso sarà approfondito il tema della autorappresentazione e del ritratto, per trovare possibili connessioni con la pratica contemporanea del selfie, che gli artisti del secolo scorso hanno anticipato attraverso i loro capolavori. Alla mostra sono abbinate una serie di pomeriggi di video-proiezione presso la Sala Cinema dedicati ai grandi maestri della video art italiana.

In collaborazione con il Centro Sperimentale di Cinematografia / Cineteca Nazionale

Renzo Arbore – La mostra. Videos, radios, cianfrusaglies. “Lasciate ogni tristezza voi ch’entrate”

19.12.201503.04.2016

MACRO Testaccio,
La Pelanda

Grande mostra dedicata a Renzo Arbore, ai 50 anni della sua straordinaria carriera, alle sue trasmissioni televisive e radiofoniche che hanno così fortemente caratterizzato la storia della televisione e del costume del nostro paese, alle sue amicizie e alle sue scoperte, ai suoi percorsi musicali e ai concerti dell’Orchestra Italiana, alla sua incredibile collezione di oggetti e memorabilia, ma anche ai suoi amici, ai suoi viaggi, al sostegno non episodico alla Lega del Filo d’Oro e alla sua sensibilità verso i più sfortunati, alla travolgente esperienza umana e in definitiva al suo contributo di intelligenza e di ironia alla cultura italiana.

All’ingresso della mostra campeggia la scritta: “lasciate ogni tristezza voi ch’entrate”. All’interno, in un percorso espositivo sorprendente, esposti gli  oggetti che sono i testimoni di questa straordinaria avventura: dalle copertine dei dischi alle sue collezioni più improbabili, dalle radio d’epoca alle cravatte più strane, dagli oggetti in plastica collezionati in modo quasi maniacale alle memorabilia dei suoi viaggi, dagli strumenti musicali agli elementi scenografici che hanno caratterizzato le sue trasmissioni televisive. 

Accanto a loro sono protagonisti i documentiaudio e video delle performances di Arbore, da Quelli della notte ai concerti dell’Orchestra italiana, da Bandiera Gialla e Alto Gradimento ai suoi film e perfino ai suoi sketch pubblicitari, in un percorso articolato in “stazioni” che corrispondono alle passioni di Renzo: la Musica, l’America, il Collezionismo e la Plastica, il Cinema, i Viaggi, la Televisione, le Città e gli Amici, la Moda e il Design, la Radio e infine la Lega del Filo d’Oro. Si sviluppa così un racconto nel quale, come in una camera delle meraviglie, ogni oggetto, ogni suono e ogni immagine portano alla luce una curiosità e un momento della vita di Renzo Arbore, ma anche di un pezzo della storia d’Italia e degli italiani.

Oltre a Renzo Arbore nel progetto sono coinvolti molti dei suoi collaboratori, che gli sono stati e gli sono accanto in tante occasioni, a partire da Alida Cappellini e Giovanni Licheri, che hanno disegnato per Arbore le scenografie della maggior parte dei suoi spettacoli e hanno progettato un allestimento della mostra che non mette solo in valore i materiali esposti, ma riesce ad accogliere il visitatore come se fosse a casa di Renzo. La regia e il montaggio dei filmati è affidata a Luca Nannini che si è aavalso delle ricerche di Sabina Arbore e Adriano Fabi.

La mostra è accompagnata dal volume di Renzo Arbore “E se la vita fosse una jam session? Fatti e misfatti di quello della notte”, a cura di Lorenza Foschini, edito da Rizzoli.  A cinquant’anni dall’esordio in radio con Bandiera gialla e a trenta dal successo in tv di Quelli della notte, per la prima volta Renzo Arbore si racconta in un libro di ricordi, incontri e oggetti, sul filo delle sue passioni: la musica, la radio, la televisione, il collezionismo.

Nel bookshop della mostra sarà infine proposta al pubblico una serie di oggetti  ispirati al suo colorato e allegro universo iconografico.

Oltre le Mura di Roma

22.01.201610.03.2016

MACRO Testaccio
Spazio Factory

In mostra oltre 150 immagini sulle periferie di Roma, selezionate tramite il concorso Oltre le Mura di Roma, realizzato daI giovani Global Shapers alla fine del 2015 con la direzione artistica di uno dei più premiati fotogiornalisti italiani, Francesco Zizola.

Oltre le Mura di Roma nasce per ridare voce alle periferie romane e raccontare la realtà, spesso trascurata o incompresa, della vita, delle storie e delle persone che le abitano. Il progetto, selezionato al meeting annuale del World Economic Forum a Davos come esemplare utilizzo dell’arte come motore di cambiamento sociale, è stato realizzato con il patrocinio di Roma Capitale e ha ricevuto il sostegno di Coca-Cola, Acea, IED Roma e Enel.

La mostra vede esposte le fotografie dei vincitori del concorso fotografico accanto ai reportage d’autore sulle periferie realizzate in esclusiva dai fotografi Stefano De Luigi, Davide Monteleone, Angelo Turetta, Tommaso Protti e lo stesso Francesco Zizola.

Le storie fotografiche esposte sono realizzate dai vincitori Sara Camilli, Ivan Consalvo, Gerardo Filocamo, Matteo Fusacchia, Giorgio Guastella, Fabio Moscatelli, Andrea Petrosino, Alita Spano & Marco Di Traglia e Matteo Vieille e, per la categoria Giovani emergenti, Isabella Borrelli e Lucia D’Amato. Faranno parte dell’esposizione inoltre singoli scatti di Giulia Ardizzone, Fulvia Bernacca, Francesco Conti, Nicola Delle Donne, Francesca Fabiano, Alice Falco, Alessandro Lacchè, Marco Leonardi, Zàira Mantovan, Viviana Peretti, Francesca Pompei & Gianluca De Simone, Liliana Ranalletta, Gianluca Rocchi, Stefano Sbrulli, Noemi Seminara e Michele Vittori, selezionati con menzione speciale dalla Giuria.

BIZHAN BASSIRI – La Riserva Aurea del Pensiero Magmatico

10.02.201629.03.2016

Personale dell’artista italo persiano Bizhan Bassiri, a cura di Bruno Corà, e promossa da Roma Capitale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali in collaborazione con Tehran Museum of Contemporary Arts, Fondazione VOLUME! di Roma, AUN Gallery di Tehran e Claudio Poleschi Arte Contemporanea di Lucca.

MACRO Testaccio
Padiglione 9B

La mostra rappresenta la naturale evoluzione di un percorso iniziato nel 1984 con il Manifesto del Pensiero Magmatico, che si esprime nella particolare e multiforme iconografia di Bassiri, attraverso la materia nella quale si concretizza la sua idea di “Riserva Aurea”.

La sperimentazione tecnica, materica e linguistica, che caratterizza il cammino di Bassiri, lo ha portato, anche in questo caso, all’utilizzo di diversi materiali come la carta pesta, il bronzo, l’acciaio, ed elementi lavici, e nasce dalla volontà di esprimere, tramite l’uso della scultura l’immagine che sottende al pensiero “magmatico”. Tutta la produzione dell’artista è generata da una sorta di epifania, da una forza creatrice trascendente, che prende forma attraverso l’artista, come spiega lo stesso Bassiri nell’incipit del Manifesto: “Trovandomi per la prima volta sul cratere, ho sentito la condizione magmatica come fosse il sangue che circolava nelle vene e il cervello nella sua condizione creativa. Da allora, sono ospite di questo tempio dove i fantasmi prendono corpo e le pietre paiono somme animali.”

In La Riserva Aurea del Pensiero Magmatico Bassiri rielabora i suoi elementi classici: il centro del lavoro sono i Dadi della sorte, affiancati da 6 Serpi auree e da una serie di sculture placcate d’oro composte da 12 Bastoni battenti, 4 leggii e 4 Erme, mentre 32 Erme ricoperte di zolfo fanno da sentinella. Questi lavori sono disposti nello spazio dell’ex Mattatoio su una superficie staccata dal pavimento di 6 cm e ricoperta di polvere di marmo, che termina in una parete blu al centro della quale è fissato un cristallo nero. Se nel Manifesto Bassiri scriveva che “l’opera non si riflette nello specchio del mondo ma nel suo proprio”, i lavori che compongono la mostra si aprono nella loro immagine speculare, innescando una relazione tra l’opera e il suo riflesso, mettendola in relazione con l’infinito. Lo spazio dell’ex Mattatoio, così, assume una dimensione altra, in cui la materia continua nella sua immagine. 

Biografia
Bizhan Bassiri, nato a Tehran nel 1954, giunge a Roma nel 1975 e vive tra Roma e Chiusi (Siena). Comincia a esporre nel 1981 partecipando a mostre personali e collettive. La ricerca artistica di Bizhan Bassiri inizia con l’utilizzo di materiali diversi: superfici di cartapesta e di acciaio e bronzo, elementi lavici, elaborazioni fotografiche. È autore del Pensiero Magmatico (1984), del Manifesto del Pensiero Magmatico (1984 – 2016).

Tra le mostre principali, personali e collettive, si segnalano:
Paesaggio con rovine, Orestiadi, Gibellina (Trapani) (1992). IX Biennale di Sydney (Australia) (1992). Corpus Delicti, Museum van Hedendaagse Kunst, Gand (Belgio) (1995). Engel: Engel, Kunsthalle, Vienna (Austria); Pensiero Magmatico. Paesaggi della Mente, Borholms Kunstmuseum, Borholms (Danimarca) (1998). Au rendez-vous des amis. Identità e Opera, Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, Prato (1998). The Opening. Eventi Tellurici, Arsaevi, Collegiumartisticum, Sarajevo (Bosnia) (2002). Sorgente, Centro Arte Contemporanea BM, Tophane-i Amire, Istanbul (Turchia) (2004). Il Pendio, Museo Archeologico Nazionale di Napoli (2004). La Caduta delle Meteoriti, Museo Archeologico Nazionale di Venezia (2011). La Riserva Aurea, Galleria Nazionale dell’Umbria, Perugia (2013). La Battaglia, Sala dei Cinquecento, Palazzo Vecchio, Firenze (2014). Motlaq, Tehran Contemporary Art Museum, Tehran (2015). Noor, Aun Gallery, Tehran (2015).

FAIG AHMED – Points of Perception

10.02.201629.03.2016

MACRO Testaccio
Padiglione 9A

Prima personale italiana presso un museo dell’artista azero Faig Ahmed (Baku, 1982). La mostra a cura di Claudio Libero Pisano, è promossa da Roma Capitale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, dall’Ambasciata della Repubblica dell’Azerbaigian in Italia, e realizzata in collaborazione con la galleria Montoro12 Contemporary Art di Roma.

L’artista espone una serie di opere site-specific che hanno come filo conduttore il Sufismo. Attraverso questa forma di ricerca mistica, l’artista crea la relazione tra la coscienza e tutto quanto esiste al di fuori di essa. L’arte è uno strumento per ampliare i sensi, e l’artista il tramite della condivisione. Sperimentando tecniche diverse e collegandole a pratiche mistiche, Ahmed trova una sua peculiare soluzione all’interrogativo sulla percezione della verità.
L’arte è una disciplina senza confini e serve a comprendere la storia dell’essere umano, dei suoi percorsi inerpicati sul confine stretto tra coscienza e percezione. Tra misticismo e realtà.

L’artista, per paradosso, utilizza l’ascetismo Sufi proprio per interpretare la realtà nei suoi aspetti più concreti. L’arte, secondo Ahmed, è un passepartout eccellente per riconnettere passato e presente, tradizione e modernità. La sua natura e le sue tecniche non hanno confini, e tutto ciò che è dentro e fuori la percezione può essere interpretato attraverso i suoi infiniti linguaggi.

L’artista è un esploratore attivo che, come uno sciamano, mette in relazione la mente e il corpo. Le sue opere sono un messaggio di condivisione che pone interrogativi e sollecita stupore e meraviglia. L’aspetto estetico ha un ruolo decisivo solo se accostato al processo che l’ha maturato e reso possibile.

La mostra è composta da numerose opere, tra cui grandi installazioni, video, e i suoi noti “carpet works”, con i quali l’artista trasforma oggetti dalla tradizione secolare in imponenti opere d’arte contemporanea, creando manufatti che sembrano proiettati nel futuro grazie a un’estetica azzardata e fuori dal tempo, nonostante l’esecuzione fedele ad antichissimi procedimenti.
Partendo infatti dal design dei tradizionali tappeti dell’Asia centrale, Ahmed li manomette e li riprogetta in forma digitale sul computer. Il risultato è trasportato su disegni a grandezza naturale, che, come nella realizzazione dei tappeti tradizionali, vengono poi realizzati da artigiani locali su telai tradizionali, dando vita ad oggetti nei quali si è portati a perdersi, dove il segno viene continuamente spostato, pixellato, liquefatto.
Al centro della sala, è posta una monumentale installazione che sfida le leggi fisiche e dispone il pavimento tessuto di una moschea in una sorta di onda che travolgere lo spettatore.

Biografia
Faig Ahmed è nato nel 1982 a Baku (Azerbaijan), dove vive e lavora. Si è laureato nel 2004 presso la facoltà di scultura dell’Azerbaijan State Academy of Fine Art a Baku. Dal 2003 ha lavorato con diversi media, tra cui pittura, video e installazioni. Al momento si concentra sullo studio delle qualità artistiche dei tappeti azeri – scompone la loro struttura tradizionale per poi riassemblare casualmente le componenti dell’oggetto originario e fornire loro la forma di scultura contemporanea. Nel 2007 ha rappresentato il suo paese nel padiglione della Biennale di Venezia e nel 2013 ha partecipato all’evento collaterale “Love me, Love Me Not”. Sempre nel 2013 è entrato nella shortlist del Jameel Prize con opere esposte al Victoria and Albert Museum di Londra. Una sua opera è presente nella collezione permanente del Seattle Museum of Art, altre sono state esposte al Boston Museum of Fine Art e in molti altri luoghi istituzionali in tutto il mondo. Ha esposto in mostre personali nelle principali capitali mondiali dell’arte contemporanea, tra cui Londra, Dubai, New York, Dheli, Sharjah, Roma.

MARISA e MARIO MERZ. Sto in quella curva di quella montagna che vedo riflessa in questo lago di vetro. Al tavolo di Mario

18.02.201612.06.2016

Marisa e Mario Merz sono due tra i più significativi protagonisti della storia dell’arte del Novecento. La mostra è curata da Claudio Crescentini, Costantino D’Orazio e Federica Pirani, promossa da Roma Capitale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali in collaborazione con la Fondazione Merz – Torino.

Durante la loro carriera, partita all’interno dell’esperienza dell’Arte Povera, Marisa e Mario Merz non hanno mai separato la vita quotidiana dalla creazione artistica, all’insegna di un connubio alimentato da una strettissima relazione e un continuo scambio intellettuale, pur nella distinzione netta del proprio lavoro individuale.

Il rapporto tra i due artisti, durato oltre cinquant’anni, ha permesso la nascita di alcune opere realizzate a quattro mani, come alcuni tavoli di Mario Merz presenti in questa mostra, che dialogano con sculture, teste o installazioni in cera, di Marisa, nel segno di una collaborazione che è stata costante, anche se non sempre dichiarata.

La mostra partirà proprio da queste esperienze, con una particolare attenzione al legame che i due artisti hanno stretto con Roma.

La spirale di Mario Merz progettata per i Fori Imperiali nel 2003 sarà esposta su una parete del MACRO, per la prima volta in quella posizione verticale per cui era stata inizialmente pensata dall’artista.

Roma sarà protagonista del percorso all’interno del lavoro di Marisa Merz, che tra gli anni Sessanta e Settanta realizza diversi progetti nella Capitale: da mostre personali presso la Galleria L’Attico di Fabio Sargentini (1970 e 1975) all’azione avvenuta presso l’Aeroporto dell’Urbe nel 1970.

L’intera esperienza romana di Marisa Merz sarà presentata in mostra attraverso una testimonianza fotografica di Claudio Abate, che ne ha documentato le esposizioni e le azioni.

Remotti di Carta

18.02.201603.04.2016

La mostra, a cura di Gianluca Marziani, promossa da Roma Capitale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e organizzata da Mismaonda, è un viaggio tra le carte, i disegni, i racconti a fumetti e gli appunti figurativi dell’attore, artista visivo e scrittore Remo Remotti.

Project Room #1

Molto noto al pubblico per le sue performance poetiche e la sua attività di attore e paroliere militante, Remotti ha da sempre coltivato la sua attitudine plastica per l’arte visiva. Una passione a doppia marcia: da una parte lo scultore che manipolava materiali di scarto con la coscienza epocale del Pop; dall’altra l’autore che si rifugiava in uno spazio silenzioso e meditativo per dedicarsi al disegno su carta e ai suoi appunti figurativi.

Nei disegni di Remo Remotti è come se la scrittura diventasse immagine, come se il disegno aderisse emotivamente all’attore iconoclasta, al poeta polemico, al dissacratore irriverente.

Tutto pare immobile eppure le opere trattengono lo stesso grido sussurrato delle performance poetiche, sembrano pronte ad esplodere come il grido lancinante di “Mamma Roma Addio”.

Osserva il curatore Gianluca Marziani: “Portava a studio l’urlo della città ma lo avvolgeva sottocoperta, dentro la semplicità degli ingredienti artistici; le grida lancinanti dei suoi testi si raggomitolavano sotto i chiodi, le viti, i bulloni, le verniciature da carrozzeria, placando l’urlo ma non la rabbia che teneva assieme i pezzi. RR gestiva l’incazzatura in modo adulto, usando l’opera come una medicina dello spirito, un rimedio del fare in una civiltà del troppo dire.”

Appunti di una Generazione #2 – Federico Pietrella e Donatella Spaziani

18.02.201615.05.2016

Studi d’Artista #1 e #2

Torna il ciclo di mostre curato da Costantino D’Orazio e promosso da Roma Capitale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, che indaga la ricerca degli artisti italiani che sono emersi negli anni ’90. Protagonisti del secondo appuntamento della rassegna sono Federico Pietrella e Donatella Spaziani.

Pietrella è noto per la sua singolare tecnica pittorica, nella quale ha scelto di sostituire il pennello con il timbro datario. Le sue immagini nascono dalla sovrapposizione della pittura attraverso i timbri che lasciano impressa sulla tela la data del giorno in cui l’artista ha lavorato. Ogni quadro conserva quindi la memoria del tempo che è stato impiegato per la sua creazione, registrato dai singoli gesti di Pietrella. In questo modo, il suo lavoro si trasforma nell’accumulazione progressiva di impronte, in cui ogni suo colpo di timbro rimane visibile e incancellabile, senza offrire all’artista la possibilità di tornare indietro e ripensare l’immagine. Grazie alla diversa pressione delle timbrature, l’artista riesce a produrre sfumature e definire i volumi delle sue figure, per lo più legate all’immaginario della sua vita quotidiana. Al MACRO l’artista presenta anche una serie di lavori a carboncino, frutto della cancellazione progressiva degli strati di materia, dalla quale emerge la figura. Due processi apparentemente opposti, che indagano il rapporto tra l’immagine e il tempo, la pittura e lo spazio in un perfetto equilibrio tra presenza e assenza.

Intimamente legata la tempo, ma in modo estremamente diverso, è anche la ricerca di Spaziani, che presenta una serie opere realizzate per l’occasione. All’interno della sala sono esposti alcuni televisori d’epoca che raccolgono gli autoscatti realizzati dall’artista a partire da quando ha iniziato ad usare la macchina fotografica digitale. Presentate all’interno di questi oggetti retrò, particolarmente familiari alla generazione nata negli anni Settanta, le immagini compongono un viaggio all’indietro nella storia personale dell’artista, ripercorrendo i suoi numerosi spostamenti. Le fotografie scattate in corsa sono il frutto di una indagine sul rapporto tra il proprio corpo e lo spazio che lo circonda, che nel lavoro di Spaziani prende forme diverse. Il corpo dell’artista si svuota di qualsiasi energia vitale e diventa unità di misura dello spazio e degli oggetti che incontra. Su alcuni tavoli in ferro l’artista poggia pellicce di animali privati dello scheletro e degli organi. Di loro resta soltanto la superficie esterna, abbandonata su se stessa, che torna in una serie di disegni dove attraverso un gioco di osmosi il corpo dell’artista trasmuta in quello dell’animale. In questo modo il tempo interiore dell’artista si fonde con quello della natura e dell’architettura, in un equilibrio precario, eppure cristallino.

Il ciclo “Appunti di una generazione” continua a maggio 2016 con le personali di Matteo Basilè e Gioacchino Pontrelli

Biografie

Federico Pietrella nasce a Roma nel 1973. Vive e lavora a Berlino. Il suo lavoro si sviluppa attorno ai concetti di tempo, memoria, ripetizione, quotidianità, dispiegandosi in varie modalità all’interno dello spazio pittorico o in opere site-specific.
I suoi lavori sono stati esposti in molti spazi, in Italia e all’estero, tra cui ricordiamo: Ambasciata Italiana a Berlino; MART, Rovereto; Villa Romana, Firenze; Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino; American Academy, Roma; Gertrude Contemporary Art Spaces, Melbourne; Stadtgalerie, Kiel; Kunstlerhaus, Graz; ZKM Museum, Karlsruhe; Assab One, Milano; Villa Manin, Passariano di Codroipo; Galleria Civica d’Arte Contemporanea di Trento; National Gallery, Praga; Galleria Nazionale di Arte Moderna, Bologna; Fondazione Adriano Olivetti, Roma; Fondazione Pastificio Cerere, Roma; GNAM, Roma; Galleria Comunale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma; Guang Dong Museum of Art, Guangzhou; Istituto Italiano di Cultura, Londra.

Donatella Spaziani è nata a Ceprano (Italia) nel 1970. Si è diplomata in pittura nel 1993 presso l’Accademia di Belle arti di Roma, dove tuttora risiede e lavora. Nel 2001 ha vinto la borsa di studio per l’Omi International Artists Residency di New York. Nel 2003 è stata residente nel Centre International des Récollettes per la Dena Foundation a Parigi e nello stesso anno ha vinto la borsa di studio “La Seine”, programma di ricerca per le arti visive, dell’École Nationale Supérieure des Beaux Arts di Parigi. Tra il 2005 e il 2006, sempre a Parigi, è stata residente nella Cité lnternationale des Arts.
Lavora principalmente con il disegno ma si serve di più materiali a seconda dell’esigenza: la fotografia, la scultura, la pittura, il suono, l’installazione. Nel 2008 ha partecipato alla XIX Quadriennale tenutasi al Palazzo delle Esposizioni di Roma, e nel 2010 all’Expò Universale di Shanghai, nell’ambito della mostra “Piazze di Roma”, a cura di Achille Bonito Oliva. Nel 2011 ha esposto a New York nella mostra “ltalian Artists in New York”, per il 150°anniversario dell’Unità d’ltalia, con il patrocinio della Presidenza della Repubblica ltaliana e successivamente a Mosca, al National Centre for Contemporary Arts, con la mostra “Arte italiana all’ascolto” a cura di R.A.M. radioartemobile. Nel 2013 ha partecipato alla mostra “Nell’acqua capisco”, curata da Claudio Libero Pisano, evento collaterale alla 55esima Biennale di Venezia. Dal 2001 al 2015 ha realizzato mostre personali ed opere permanenti in musei e spazi privati a Milano, Torino, Roma, L’Aquila, Napoli, Parigi, Ginevra, Zagabria, Osijek, Mosca, New York, Gent, Ljubliana, Linz e Strasburgo.

Enrico Prampolini

26.02.201622.05.2016

a cura di Centro Ricerca e Documentazione Arti Visive

MACRO Via Nizza, Project room #1
Pittore, scenografo, scrittore (1894-1956), Prampolini aderisce al Futurismo nel 1912. L’Archivio delle sue carte private costituisce un corpus fra i più significativi nelle raccolte documentarie del CRDAV. Il Fondo è stato donato dagli eredi dell’artista in occasione della grande retrospettiva dedicata da Roma Capitale ad Enrico Prampolini nel 1992 al Palazzo delle Esposizioni. La mostra prevede la presentazione di una ricca documentazione relativa ai molteplici campi di attività di Prampolini: dal teatro alla scenografia, dalla riflessione alla promozione di mostre.

Gold Water: Apocalyptic Black Mirrors II – Marìa Verònica Leòn Veintemilla

31.03.201617.04.2016

Il progetto espositivo è dedicato alla presentazione presso gli spazi del MACRO di alcune installazioni internazionali provenienti dalla Biennale Internazionale di Venezia – 56. Esposizione Internazionale d’Arte, ricomposte e rimodellate site-specific.

Promosso da Roma Capitale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, e organizzato in collaborazione con PDG Arte Communications, il progetto vede convergere insieme le “prospettive” d’arte di due città che lavorano per far viaggiare le esperienze dell’arte internazionale sul territorio nazionale. Dalla città lagunare appunto alla Capitale.

La mostra inaugura From La Biennale di Venezia to MACRO. International Perspectives, un nuovo progetto espositivo, ideato e curato da Paolo De Grandis e Claudio Crescentini.

MACRO Hall

Due città legate da una tradizione storico-artistica imponente che sono riuscite ad arricchire ulteriormente questo bagaglio per dare voce e vita all’arte contemporanea e far emergere e valorizzare questa risorsa, ricorrendo ad azioni di documentazione dell’esistente, di promozioni di iniziative ma anche di connessioni internazionali. Ricerca avviata da Paolo De Grandis già nel 1995 con l’ideazione dei padiglioni esterni alla Biennale di Venezia e la presentazione di nuovi paesi.

From La Biennale di Venezia to MACRO. International Perspectives è il “viaggio” di significative mostre d’arte internazionali, che hanno debuttato alla Biennale Arte, verso l’esperienza museale capitolina, dove vivranno nuove atmosfere e curiosità. L’innovazione sta quindi nel percorso che le opere effettueranno da una città all’altra e da uno spazio all’altro, arricchendosi di significati, nutrendosi di un nuovo pubblico, modificandosi nel nuovo allestimento creato appositamente per il MACRO dai vari artisti internazionali invitati a partecipare.

Il progetto è inaugurato dalla mostra Gold Water: Apocalyptic Black Mirrors II di María Verónica León Veintemilla, curata da David Rosenberg, artista fra le più interessanti dell’attuale scena artistica internazionale, recentemente premiata in Ecuador come “Donna dell’Anno” (sezioni delle Arti e della Cultura). María Verónica León Veintemilla rilegge al MACRO quella esplorazione concettuale della sua arte tenutasi appunto alla 56. Esposizione Internazionale d’Arte nel 2015 presso il Padiglione dell’Ecuador, presente per la prima volta alla Biennale di Venezia.

Con il lavoro Gold Water: Apocalyptic Black Mirrors II l’artista porterà nella MACRO Hall due grandi container contenenti fotografie e installazioni di video arte. L’opera si ispira a due delle primarie fonti naturali di salute e due degli elementi fondamentali per la vita dell’uomo e dell’economia globale: acqua e oro. Strappati dal loro contesto originale, vengono riesaminati criticamente attraverso la storia, la società, l’economia e la cultura in relazione ai valori economici globali. Entrambi gli elementi, chiave del futuro dell’umanità, sono sostentamento di vita, fisicamente ed economicamente, eppure esiste un paradosso: per estrarre l’oro spesso le fonti di acqua vengono distrutte. Nel progetto artistico e concettuale di María Verónica León Veintemilla, la convergenza di Arte e Scienza plasma un amalgama, il mito profetico di una futura distopia causata dall’annientamento della natura da parte dell’uomo e dalla sua cieca obbedienza al consumismo.

Per illustrare la vitalità e l’energia dell’acqua, i suoi movimenti e i suoi cambiamenti da uno stato all’altro, l’artista predilige la tecnica della video arte, creando personalmente l’opera digitale, girando i video, editandoli, dipingendo e disegnando caratteri e simboli, scrivendo il testo e curando il suono. «La selezione dei video diviene una tecnica ideale, poiché le immagini in movimento mi permettono di mostrare in serie tutte le fasi similari delle “apocalissi” che culture differenti stanno vivendo simultaneamente in dimensioni parallele; una tecnica che mi porta ad astrarre al massimo l’industria high-tech che irrompe nello spirito dell’acqua e nell’anima degli esseri umani» afferma l’artista.

Le installazioni video-audio di María Verónica León Veintemilla accostano tecniche differenti come disegno, oggetti, fotografia, video e suono, tecniche interconnesse ed esposte in un “tecno-teatro” dove l’elemento acqua rivela un nuovo stato mentale come fonte di vita.

Vari video trasformano lo scenario di uno stabilimento di imbottigliamento: un mix di ritmi su uno sfondo metallico dà vita a stelle che si schiudono e si trasformano come nuove tecno-galassie. Partendo dalla meccanizzazione di questo paesaggio, l’opera presenta una coreografia industriale in cui gli addetti all’imbottigliamento dell’acqua per il successivo smercio volteggiano, assecondando i suoni con passi e movimenti robotici sincronizzati, ripetuti all’infinito. Questo impressionante concerto metallico ha dato all’artista le prime note per creare nuovi codici per le sue “tecno-costellazioni” o “visioni metalliche” e imporre l’ultimo orientamento della domanda di mercato che racchiude la virtù naturale incontaminata dell’acqua. La natura può essere difesa e il lavoro di María Verónica León Veintemilla difende con forza gli ecosistemi in pericolo attraverso la sua cosmologia artistica.

L’oro, altro simbolo capitalista, oggetto di desiderio, indice economico, si trasformerà in una promessa di bellezza attraverso un nesso rivoluzionario di creatività. Dopo un viaggio trascendentale nelle pratiche orafe ancestrali ecuadoriane, che utilizzavano tecniche speciali come la martellatura e il rilievo per elaborare figure inconsuete e maschere d’oro con fisionomie originali, come le bizzarre creature extraterrestri al confine con lo spazio, l’artista inserisce il talento genuino delle culture precolombiane all’interno di una struttura ultramoderna per catapultare nuove idee e opere derivanti da questo processo in futuri contesti culturali e nel paesaggio artistico internazionale d’avanguardia. Per prefigurare una nuova collezione d’oro nella scena artistica contemporanea, l’artista ricicla queste pratiche lavorando con l’“oro virtuale” o artificiale (acrilici, oli, foglia d’oro, spray dorati, ecc.), che ci dà l’illusione di poter facilmente accedere a questo metallo, ma, in realtà, ne simula solo l’aspetto, la luce e i potenti riflessi.

Si potrà vedere ed ascoltare un nuovo rituale con oro virtuale in una speciale performance: l’artista entra in comunicazione animistica con gli antenati ed entra in trance; le mani compiono movimenti circolari in un vaso di oro virtuale (acrilico in questo caso); la sua voce e le sue espressioni danno vita ad un linguaggio cosmico senza parole – una sorta di lingua di Babele –, un linguaggio cantato universale e spirituale nel quale gli antenati ci trasmettono messaggi trascendentali e antichi codici per un futuro più sano. Ispirata a parole come “divinità”, “coscienza”, “riflessione”, “prevenzione”, “purezza” e “splendore”, l’artista crea suoni che evidenziano l’aura della saggezza degli antenati e l’antica cosmogonia, entrando in un campo rappresentativo della luce dell’oro con l’idea di depurare la nostra coscienza e il nostro stile di vita per un futuro migliore. María Verónica León Veintemilla trasferisce alle sue maschere virtuali le espressioni dei nostri tempi: disperazione, stress estremo, tristezza, follia ed esaurimento, l’“ansia globale”. In altre maschere ha registrato le espressioni di sofferenza, danno e sfruttamento di molti minatori. Altre maschere ancora potrebbero essere viste come speciali creature extraterrestri che comunicano nello spazio profondo. Grazie a questo nuovo progetto che include caratteristiche innovative e “riciclaggio virtuale”, l’immagine dell’oro vive un’inusuale trasformazione assumendo nuove connotazioni e rivelando nuove applicazioni estetiche per il mercato dell’arte e l’oreficeria.

Come afferma David Rosenberg: «L’artista crea un’architettura rudimentale e temporanea all’interno dell’architettura del museo, installando un container industriale, una sorta di utero o un athanor (il forno dell’alchimista), aprendo e definendo il suo territorio. Visivamente, le varie opere esposte al MACRO oscillano tra geometria caleidoscopica e ipnotica ed espressivi autoritratti sovradimensionati. Materie primarie, natura e corpo dell’artista si trasformano in vettori di espressione artistica: c’è un processo integrante dove concetti, pensieri ed emozioni si fondono e risuonano in vari modi, raggiungendo un punto di incandescenza dove un nuovo stato della mente viene creato, rigenerato e purificato».

T.R.I.P. – Festival di video, fotografia e performance sul viaggio

01.04.201631.05.2016

Promossa da un gruppo di giovani romani, T.R.I.P. si presenta come una manifestazione variegata e ricca di appuntamenti e spunti di riflessione. Nella cornice di una mostra di fotografia e video dedicati al viaggio, l’iniziativa si arricchisce di concerti, performance e appuntamenti che puntano a coinvolgere il pubblico più giovane della Capitale.

FORGOTTEN… (THE EXHIBITION)

14.04.201621.05.2016

La mostra, a cura di Alessandra Arpino, è la prima del progetto “Forgotten”, il progetto urbano, ideato da Alessandra Arpino e Hugo Dias, nato più di un anno fa, con l’intento di porre in risalto gli edifici delle aree centrali di Roma che, per ragioni legate alla fisiologica trasformazione della città e delle abitudini dei suoi abitanti, hanno perso la loro importanza sociologica e funzionale, rischiando perciò di essere dimenticati.

La mostra è promossa da Roma Capitale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, con il patrocinio dell’Ambasciata del Portogallo, della Casa dell’Architettura di Roma, e dell’Istituto di Cultura portoghese Camões.

MACRO Testaccio
Padiglione 9A

Per parlare delle diverse tipologie edilizie a rischio, Forgotten ha invitato i maggiori esponenti dell’arte urbana portoghese, offrendo una novità nel panorama capitolino in termini di stile e tecnica, dal momento che nessuno di questi artisti aveva mai lavorato a Roma prima d’ora.
In controtendenza con la linea generale della città di Roma, Forgotten ha voluto seguire il modello della capitale lusitana, portando la street art al centro della città e non più in periferia.

Nei mesi scorsi, ex-fabbriche, cinema chiusi, piccole stazioni, aree dismesse e mercati rionali sono stati oggetto di azioni artistiche. Questi interventi sono ora raccontati in mostra attraverso gli scatti di Paolo Darra. L’ex fabbrica Mira-Lanza, la Sala Troisi, la Stazione San Pietro e l’area ex-SIAR sono state le location d’eccezione per le opere degli artisti Frederico Draw, Miguel Januário (±MaisMenos±), Bordalo II e Add Fuel, tutti rigorosamente filmate da Leonardo Meuti.
Gli interventi hanno visto la partecipazione di strutture pubbliche e private quali i Municipi I,II, XI, XIII nonché l’Università degli Studi di Roma La Sapienza, Teatro di Roma, Gruppo Ferrovie dello Stato, Casa del Cinema.

La mostra si struttura mantenendo la dualità del progetto e raccontando – quindi – da un lato l’esperienza prettamente urbana, improntata su un approccio documentaristico (architettonico e sociologico) e dall’altro la produzione degli artisti.

La sezione FORGOTTEN BUILDINGS presenta la documentazione fotografica relativa agli edifici oggetto di ciascun intervento, analizzandone lo stato di fatto e raccontandone l’esperienza urbana attraverso la documentazione video e motivandone la scelta mediante lo sguardo di alcuni giovani architetti.

La sezione FORGOTTEN…WORDS permette di approfondire la produzione dell’artista Miguel Januário che, con il progetto ±MAISMENOS±, lavora da anni per dare una valenza artistica alla forma scritta, come ha fatto per parlare dei cinema chiusi con l’installazione “Lights Camera Auction” che ripropone in mostra in uno spazio in-door con una installazione centrale che rimanda al vortice di parole e pensieri dei passanti della strada.

La sezione FORGOTTEN…FACES consente a Frederico Draw di raccontarsi attraverso il suo inconfondibile tratto caratterizzato da un non-finito che conferisce lirismo ai soggetti rappresentati, esattamente come è accaduto con il ritratto di “Pier.Paolo.Pasolini” che ha permesso di affrontare il tema delle ex-fabbriche.

A Bordalo II è dedicata la sezione FORGOTTEN…NATURE in cui sono esposte le sue creature urbane che denunciano la minaccia che l’era del consumismo porta con sé, denuncia testimoniata a Roma dalla sua opera urbana “Uma Cabra” realizzata per parlare delle piccole stazioni.

Add Fuel, con FORGOTTEN…TRADITIONS evocherà gli elementi della tradizione portoghese tra-smigrandola nella cultura hip-hop contemporanea e confrontandola con altre culture, esattamente come ha fatto con l’opera ”This Connection”, parlando di aree dismesse.

FORGOTTEN…PEOPLE racconterà invece le storie dei soggetti anonimi rappresentati da Daniel Eime che, nei giorni immediatamente precedenti alla mostra, offrirà lo spunto di riflessione, attraverso i suoi raffinatissimi stencil di carta, sui mercati rionali che hanno perso quel ruolo centrale rispetto al quartiere e che soccombono alle grandi catene di distribuzione alimentare. L’edificio preso in esame sarà il mercato Guido Reni, nel quartiere Flaminio – area della città da cui il progetto Forgotten è partito ed in cui terminerà.

ARTISTI IN MOSTRA

ADD FUEL
DIOGO MACHADO | Cascais, 1980
Designer e illustratore, combina personaggi irreali, elementi decorativi e simmetria per creare dei trompe d’oeil che portano lo spettatore a credere che il pattern rappresentato sia un’evocazione alla tradizione medievale; ma quando ci si avvicina e si osserva attentamente l’opera, si scopre una composizione estremamente contemporanea, lontana anni-luce dal tradizionale “azulejo”. La complessità visiva delle sue creazioni richiede sempre una doppia scala di lettura: d’insieme e di dettaglio, tanto che la mancanza di una di queste chiavi, compromette notevolmente la comprensione dell’opera stessa.

FREDERICO DRAW
FREDERICO SOARES CAMPO | Porto, 1988
Architetto fondatore di PUTRICA, Frederico Draw realizza ritratti di personaggi sconosciuti, usando la bomboletta quasi fosse una matita, per raccontare i volti della strada che egli stesso fotografa. Il suo stile unico, caratterizzato da un non-finito che conferisce patos, rendendo ogni parete simile ad un blocco di carta-schizzo in cui i carboncini vengono sostituiti dalle vernici spray. L’intensità teatrale dei suoi volti è enfatizzata dal livello di dettaglio degli sguardi, in netto contrasto con il resto del volto sommariamente abbozzato.

BORDALO II
ARTUR BORDALO | Lisbona, 1987
Scultore irriverente, Bordalo II trasforma i rifiuti urbani in grandi bassorilievi attraverso tecnica mista su supporti lignei e assemblage di oggetti. I soggetti rappresentati sono quasi esclusivamente animali dai colori vivaci e impattanti, che fungono da monito verso un destino che rischia di essere loro avverso; minacciati da una realtà urbana sempre più ingombrante. Le sue opere costituiscono quindi una critica alla società contemporanea che non riesce a vedere la bellezza nelle cose a portata di mano.

MIGUEL JANUÁRIO (± MAISMENOS ±)
MIGUEL JANUÁRIO | Porto, 1981
±MAISMENOS± è un nome legato ad un progetto artistico che offre una riflessione critica sui modelli sociali ed economici che regolano la società contemporanea.  Virale, diretto e incisivo, la sua espressione programmatica si riduce concettualmente ad un’equazione di semplicità e contrari: più/meno, negativo/positivo, bianco/nero.

DANIEL EIME
DANIEL TEIXEIRA LOPES| Caldas da Rainha, 1986
Designer delicato e sofisticato, stravolge la peculiarità della tecnica dello stencil (semplificazione dei tratti), rendendo i suoi inconfondibili volti altamente espressivi attraverso una paziente ricerca sul tratto con layers che prevedono il solo uso dei colori bianco e nero, rigorosamente a pennello. I suoi pattern a volte geometrici, altre monocromi, costituiscono il trait-d’union tra i personaggi raffigurati ed il contesto in cui sono inseriti.

Documentazione fotografica:
PAOLO DARRA
PAOLO DARRA | Saronno, 1970
Diplomato all’Accademia di Belle Arti di Brera (Milano) nel 1994, consegue un master in Art Management nel 1997.  Negli anni successivi prosegue lo studio del video e della fotografia, realizzando documentari in ambito artistico. Dal 2001 lavora in ambito televisivo come operatore/montatore freelance per reti nazionali e come regista di corporate video e documentari.

Documentazione video:
LEONARDO MEUTI
LEONARDO MEUTI| Roma, 1992
Operatore audiovisivo, diplomato in produzione ed edizione presso il cine-TV Roberto Rossellini, film-maker indipendente, collabora con testate nazionali in qualità di videomaker e producer dall’agosto 2013.

Premio Fondazione VAF (VII edizione)

14.04.201629.05.2016

MACRO Testaccio
Padiglione 9B

Nella mostra promossa da Roma Capitale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, vengono presentati i lavori dei quindici finalisti: Michele Bubacco, Ottavia Castellina, Alice Cattaneo, Paolo Chiasera, Michael Fliri, Chiara Fumai, Hilario Isola, Andrea Mastrovito, Davide Monaldi, Valerio Rocco Orlando, Gianni Politi, Luigi Presicce, Roberto Pugliese, Alice Ronchi, Mona Lisa Tina.

Durante l’inaugurazione della mostra a Roma, cui seguiranno come di consueto le successive tappe in Germania, si terrà la cerimonia di premiazione. La giuria,  composta dal Comitato Scientifico della Fondazione, conferirà un premio principale del valore di 15.000 euro, oltre all’acquisizione di un’opera dell’artista vincitore che entrerà a far parte della collezione della Fondazione. Novità introdotta dalla scorsa edizione, oltre al premio principale verranno assegnati due premi di riconoscimento del valore di 5.000 euro ciascuno.

La motivazione di questo premio, assegnato da una Fondazione Tedesca a giovani artisti italiani under 40, nasce dalla volontà di stabilire un dialogo che oltrepassa i confini dei due Paesi e allo stesso tempo pone a confronto le diverse posizioni artistiche appartenenti alle due nazioni. Le procedure di selezione dei partecipanti si svolgono in maniera trasparente e democratica con una prima presentazione di possibili candidati, circa un centinaio, alla quale segue la visita agli atelier. Nel corso di alcuni mesi, i membri del Comitato Scientifico effettuano diversi viaggi sull’intero territorio italiano per visionare personalmente i lavori degli artisti. Alla fine di questa fase preparatoria, le informazioni raccolte vengono riferite e valutate insieme criticamente. Con una procedura di voto si arriva infine alla designazione definitiva dei quindici finalisti e, insieme, alla definizione dei contenuti della mostra.

La Fondazione VAF ha come obiettivo principale collezionare, valorizzare e rendere accessibile l’arte italiana moderna e contemporanea, dai capolavori del Novecento fino ai più recenti contributi creativi. Lo scambio culturale e il dialogo artistico fra l’Italia e la Germania – e i paesi di lingua tedesca – hanno un ruolo importante nell’ambiziosa attività della Fondazione, la quale non si limita a prestare ai musei tedeschi e italiani le opere della sua ricca e pregiata collezione di arte italiana dei secoli XX e XXI, ma pubblica anche testi scientifici su particolari manifestazioni artistiche del Modernismo italiano in edizioni bilingue, tedesco e italiano. L’altissimo valore della collezione è testimoniato dalla lunga collaborazione con il MART – Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto che dal 2001 ospita un significativo nucleo di circa duemila opere in deposito permanente a lungo termine.

In occasione della mostra sarà pubblicato un catalogo, in edizione bilingue tedesco e italiano.

William Kentridge – Triumphs and Laments: a project for Rome

17.04.201602.10.2016

Curata da Federica Pirani e Claudio Crescentini, l’esposizione presenta oltre 80 opere con un allestimento ideato appositamente da Kentridge per il MACRO. La mostra è promossa da Roma Capitale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, in collaborazione con la Galleria Lia Rumma.

Project Room #1 e #2

La mostra rappresenta il culmine di una serie di iniziative artistiche e culturali che hanno legato la città di Roma al famosissimo artista d’origine sudafricana.

Una serie di iniziative che hanno anche come punto di arrivo il monumentale intervento sulla storia di Roma, da sempre fortemente voluto dall’Amministrazione Capitolina, che Kentridge ha iniziato a realizzare lo scorso 9 marzo sui muraglioni del Tevere e che sarà inaugurato il prossimo 21 e 22 aprile, in occasione del Natale di Roma. Si tratta di un progetto multidisciplinare e no-profit, promosso da TEVERETERNO, dedicato al tratto della banchina del Tevere compreso fra Ponte Sisto e Ponte Mazzini, cosiddetta “Piazza Tevere”: il primo e più grande spazio pubblico all’aperto dedicato alle arti contemporanee a Roma.

In mostra i bozzetti a carboncino delle figure ideate dall’artista per i muraglioni del Tevere, dove ricorre penetrante l’iconografia dell’arte antica romana così come immagini e storie dedotte dalla storia della Chiesa, fra le quali una struggente Santa Teresa d’Avila, fino al nostro contemporaneo rappresentato dalla grande e toccante installazione dedicata alla morte di Pier Paolo Pasolini, uno dei poeti e intellettuali più amati da Kentridge.
Oltre a queste opere, già in parte presentate alla Biennale di Venezia del 2015, vengono esposti una serie di disegni a inchiostro e a pastello inediti, realizzati appositamente per l’occasione dall’artista, e un grande fregio su carta, anche questo inedito, lungo oltre sei metri che riproduce proprio la totalità della sequenza delle monumentali figure realizzate dall’artista sull’argine del Tevere.
Esposti anche alcuni ritagli di figure e oggetti, sempre inediti, che in seguito verranno adoperati come stendardi dai performer in occasione dell’evento musicale e teatrale, concepito da Kentridge in collaborazione con Philip Miller, che sarà rappresentato nel corso dei due giorni di inaugurazione e di cui le prove saranno realizzate direttamente presso gli spazi di MACRO Testaccio, gentilmente concessi dalla Sovrintendenza Capitolina per tale straordinaria occasione. Questi “cut out”, come li definisce l’artista, esposti al MACRO, saranno poi portati in processione durante la performance, entrando e uscendo dal museo per tale occasione.
Trasmessi inoltre dei video preparatori del grande processo creativo messo in atto, ormai da anni dall’artista, basilari per capire l’evoluzione del progetto totale “Triumphs and Laments”.
Questo del resto è il modo scelto da Kentridge di confrontarsi con Roma, in maniera multidisciplinare e multimediale, dove l’arte e la cultura di uno dei più grandi artisti contemporanei dialoga e si confronta appunto con la grande storia millenaria dell’Urbe, le sue iconografie, i protagonisti, l’ambiente rivissuto e riletto con grande forza creativa e intellettuale.

Mediàtica – Tra Performance e PropagandaWorkshop Residenza d’Artista a cura de Gli Impresari

29.04.201622.05.2016

A conclusione del workshop realizzato con gli studenti della scuola di Grafica d’Arte dell’Accademia di Belle Arti di Roma, il collettivo Gli Impresari presenta Mediàtica, un progetto incentrato sulle qualità documentative offerte dall’incisione.

Undici giovani artisti raccontano, attraverso le antiche tecniche calcografiche, La commedia delle macchine, performance realizzata da Gli Impresari durante la loro residenza al MACRO Museo d’Arte Contemporanea Roma. 

Allestimento a cura di: Valerio Ottavino

Con la collaborazione di Roberto Piloni, Andrea Lelario, Maddalena Giansanti

Artisti: Roberto Agostini, Luca Camello, Giulia Carioti, Paolo Chelo, Isabella De Bellis, Matilde Della Porta, Cristina Piciacchia, Valerio Pucci, Letizia Rigucci, Claudia Roma.

Hugo Pratt. Incontri e Passaggi

29.04.201624.05.2016

MACRO Testaccio
La Pelanda

Una mostra-romanzo per rileggere l’arte di Hugo Pratt. Oltre 120 opere originali, fotografie, rarità da esplorare e tesori di carta. Mappe ideali per un viaggio nell’avvincente trama di incontri, immaginari e reali, che hanno influenzato il padre della “letteratura disegnata”.

Gli scrittori più amati, gli amici e i maestri che hanno avuto parte nella sua avventura. Un percorso sulle tracce di Corto Maltese, dalle tavole immortali di Pratt fino alla nuova stagione inaugurata dal segno di Rubén Pellejero.

Napoli COMICON (Napoli 22-25 aprile, Mostra d’Oltremare) e ARF! Festival  (Roma, 20-22 maggio, MACRO Testaccio) si uniscono nel realizzare la tappa di Roma dell’importante mostra di Hugo Pratt, già presentata con successo a Bruxelles e Angoulême.

Hugo Pratt. Incontri e passaggi (Rencontres et passages), una mostra ideata e curata dal Museo Hergé di Bruxelles in sinergia con Patrizia Zanotti, presenta l’opera di Hugo Pratt attraverso un tema per lui essenziale: la lettura. La mostra ricerca le influenze di Pratt e la sua evoluzione grafica e narrativa, un viaggio formativo in cui ogni libro diventa occasione di un incontro tra immagine e parola. Un percorso tracciato da opere originali, disegni di ricerca, tavole in bianco e nero e a colori, acquerelli, copertine di riviste, dai primi anni argentini fino alle ultime tavole di Corto Maltese. 
 La mostra segue un itinerario che percorre il corso di una vita, sulle orme di Pratt attraverso gli incontri diretti: con Oesterheld, Ivaldi, Rieu, Bonelli, Platteau, e letterari e fantastici: con Stevenson, London, Curwood, Borges, Yeats e tanti altri.

L’approccio letterario all’opera grafica di Pratt, darà allo spettatore la chiave per accedere a un mondo artistico dove vita, viaggi e lavoro si mescolano creando capolavori della narrativa a fumetti. A partire dalle storie del suo personaggio cult: Corto Maltese, marinaio disincantato, avventuriero, gentiluomo di fortuna, pirata e viaggiatore. Uno spirito libero e cosmopolita nel quale Pratt si rifletteva.

Come Corto Maltese, Pratt aveva un’innata passione per le culture del mondo, la storia, le filosofie, le situazioni di conflitto e le tradizioni magiche, alle quali si è avvicinato miscelando sempre realtà e fantasia, sorvolando oltre le carte geografiche per creare vere favole per adulti. L’esposizione è intesa come un’esplorazione tra i pensieri e le opere dell’autore, in un gioco di continuo rimando tra testo e immagine, perché l’arte di Pratt è sempre stata un racconto pennellato d’immagini e sogni.

Hugo Pratt è riconosciuto dalla critica internazionale come uno dei maggiori autori di fumetti di sempre. Disegnatore, scrittore, viaggiatore, le sue opere sono state tradotte e pubblicate in ogni parte del mondo. Per definire correttamente le sue storie è stato coniato il termine di “letteratura disegnata” e le sue creazioni hanno fatto sì che il mondo della Cultura oggi consideri il fumetto la Nona arte.

Umberto Eco ha affermato: «Quando ho voglia di rilassarmi leggo un saggio di Engels, se invece desidero impegnarmi leggo Corto Maltese».

Hugo Pratt è nato a Rimini nel 1927, ma è cresciuto a Venezia in una famiglia le cui origini vengono dal Mediterraneo e dalle isole britanniche. Nel 1937 raggiunge in Etiopia il padre, funzionario italiano sotto il fascismo. Sei anni dopo, quando gli inglesi riprendono il controllo del Paese, Pratt torna in Italia con sua madre. Il padre, invece, morirà in Africa nel 1943.
 Tornato a Venezia, nella tensione di un’Italia ancora in guerra, grazie alla sua conoscenza dell’inglese Pratt diventa interprete per gli Alleati, vivendo episodi avventurosi al fianco di personaggi di varie nazionalità. Sogna di fare il disegnatore e inizia a collaborare col gruppo di fumettisti dell’«Asso di Picche», tra i quali figura il futuro scrittore Alberto Ongaro (una bella foto in mostra ritrae il gruppo sul tetto della “redazione”). Il suo stile s’ispira ai disegnatori americani e in particolare a quello che ha sempre considerato un suo maestro ideale, Milton Caniff.
 Nel 1949 emigra in Argentina, un Paese che all’epoca era una vera fucina di riviste a fumetti. Per gran parte degli anni Cinquanta collabora con lo sceneggiatore, editore e attivista politico Héctor Oesterheld. In questo periodo Pratt definisce uno stile sempre più personale e innovativo.
 La sua bravura è già riconosciuta da molti editori e, tornato in Italia nel 1962, inizia a collaborare con il «Corriere dei Piccoli» al fianco di Battaglia e Toppi.

Nel 1967, nella rivista «Sgt.Kirk» dell’editore Ivaldi, compare a puntate Una ballata del mare salato. È la prima apparizione di Corto Maltese. Da quel momento il destino di Pratt cambierà: pochi anni dopo, nell’aprile 1970, le avventure di questo marinaio antieroe vengono pubblicate in Francia sulla rivista «Pif gadget» in un’innovativa serie di storie brevi. Il successo è immediato.
 Le avventure di Corto Maltese in Italia passeranno dal «Corriere dei Ragazzi» a «Linus». Il suo pubblico è anche quello adulto e questo gli darà spazio su diversi giornali e riviste.
 Il marinaio Corto Maltese navigherà anche attraverso altri linguaggi: film di animazione, romanzi, il teatro, le canzoni. In Svizzera, Francia e Portogallo sono state dedicate a Corto Maltese statue e nomi di strade.

I quindici anni successivi saranno coronati da riconoscimenti e successi internazionali, premi e mostre, tra cui quella al Grand Palais a Parigi.

Oreste Del Buono, Folco Quilici, Paolo Conte, Sergio Endrigo, Tim Burton, Frank Miller e Woody Allen sono solo alcuni tra i tanti intellettuali, giornalisti e artisti che hanno omaggiato Corto nel corso degli anni.

Negli anni Ottanta Hugo Pratt si sposta dall’isola della laguna, che lo ha fatto conoscere come «il Maestro di Malamocco», a Grandvaux, vicino a Losanna, in Svizzera. Ma viaggia nel mondo incessantemente, come ha sempre fatto, e rinnova costantemente il suo stile, rivolto sempre più alla sintesi grafica.

I viaggi e i molti progetti si interrompono nel 1994 a causa della malattia. Muore nel 1995, lasciandosi alle spalle una produzione sterminata di classici del fumetto.

Nel 2015, a vent’anni dalla scomparsa del Maestro, abbiamo assistito al grande ritorno in libreria di Corto Maltese con Sotto il sole di mezzanotte, una nuova avventura realizzata da Juan Díaz Canales (testi) e Rubén Pellejero (disegni), pubblicata in Italia da Rizzoli Lizard.

La mostra è accompagnata dal catalogo Hugo Pratt. Incontri e Passaggi (Rizzoli Lizard), che raccoglie un’ampia selezione dei pezzi esposti, dei rari estratti dagli scritti di Pratt e i contributi critici di Francesco Boille, Luca RaffaelliLaura Scarpa, Marco Steiner Patrizia Zanotti.

Dall’oggi al domani. 24 ore nell’arte contemporanea

29.04.201602.10.2016

Daniela Comani, “Sono stata io. Diario 1900-1999”, stampa digitale su stoffa vinilica, cm. 300×600, Galleria Corraini, Courtesy Daniela Comani

a cura di Antonella Sbrilli e Maria Grazia Tolomeo

MACRO Via Nizza, Sala Bianca

La mostra, il cui titolo è ispirato a un’opera di Alighiero Boetti, ha offerto alcuni spunti di riflessione sul grande tema del tempo, che è sempre stato caro agli artisti di ogni epoca e che è diventato via via più urgente nel corso del XX secolo.

Dall’oggi al domani. 24 ore nell’arte contemporanea si è concentrata soprattutto sull’oggi, sul trascorrere del tempo nella giornata, una porzione di presente controllabile.

Chi ha visitato la mostra, ha potuto attraversarla in cerca di calendari rivisitati (fra cui quelli dello stesso Alighiero Boetti, dove i foglietti del giorno compongono la cifra dell’anno), di orologi poetici (quello di Maria Sebregondi composto di haiku), di clessidre paradossali (di Mario Ceroli ed Enrico Benetta), di numeri (quelli scritti da Roman Opalka), di suoni (le campane del Mezzogiorno nel video di Partridge e Shemilt), di date (nell’opera di Daniela Comani che sintetizza il XX secolo in un unico anno bisestile).

Apposta per la mostra sono state realizzate diverse opere: Giuseppe Caccavale ha dedicato tre “giornate” di lavoro alla trascrizione di versi del Libro d’Ore di Rilke su un grande, ieratico volto femminile (ora nella collezione del Macro); Manfredi Beninati ha costruito una stanza dove il tempo si dilata portando con sé mobili, libri, giornali, mappamondi; Daniele Puppi ha fatto collidere i fotogrammi simili del film Psyco di Hitchcock e del remake di Gus van Sant.

Una performance, ideata da Chiara Camoni, ha “ceduto” ai visitatori i dieci giorni cancellati dalla Riforma del calendario di Papa Gregorio XIII.

E così via, attraverso video, quaderni, collezioni di scontrini, collage, installazioni che hanno attirato i visitatori nel loro gioco sul tempo e sulle date: documentazione e materiali restano disponibili a questo indirizzo www.diconodioggi.it

 

Le opere scelte erano disposte per percorsi tematici: Ritmi (Balla, Cambellotti, Paolini, Camoni, Romualdi, Mayr, Patella); Oggi, Domani (Boetti, Ceroli, Mattiacci, Spinelli); Giornate di lavoro (Opalka, Pietrella, Adami, Blank, Giovannoni); Date (On Kawara, Vezzoli, Darboven, Comani); Date speciali (De Dominicis, Closky, Albani, Sebregondi, Bertozzi&Casoni, Pignotti, Fois); Calendari (Boetti, Novelli, Miccini, Ori, Ghirri, Abate, Mambor, Mari, Cattelan, Neuenschwander, Camoni); Diari (Breakwell, Rubio, AOS); Passaggi (Vaccari, Vautier, Baruchello, Benetta); 24 ore (Almond, Shemilt & Partridge, Camporesi), a cui si aggiungono i lavori site specific ad opera di Manfredi Beninati, Daniele Puppi e Giuseppe Caccavale.

 

Una versione in Realtà Virtuale immersiva con tecnologia Oculus Rift di un percorso nella mostra è stata realizzata dalla Ripartizione Cultura Italiana – Bolzano (Centro Trevi).

La mostra, promossa da Roma Capitale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, è stata patrocinata da Bulgari.

Catalogo edito da Manfredi con testi di A. Sbrilli, M. G. Tolomeo, A. Bonito Oliva, C. Dorazio, A. De Pirro, L. Leuzzi, M. Brescia, C. Marrone, J. Alyson Parker, D. Collu, M. Santoro, M. Perniola

 

Cristiano Pintaldi – Dalla materia alla luce

03.10.201510.01.2016

Negli spazi del MACRO Testaccio si svolge dal 3 ottobre 2015 al 10 gennaio 2016 la nuova mostra dell’artista romano Cristiano Pintaldi, DALLA MATERIA ALLA LUCE, curata da Stella Santacatterina e promossa dall’Assessorato Cultura e Sport di Roma – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, in collaborazione con la Galleria Mucciaccia.

Cresciuto in una famiglia di pubblicitari appassionati d’arte, Pintaldi si è fatto conoscere e apprezzare per la sua personale tecnica di scomposizione dell’immagine in pixel che gli consente di ricreare su tela immagini digitali.

Inizialmente, presta la sua attenzione alla televisione – come contenitore unico di “realtà condivisa” negli anni ’90 – sviluppando una pittura che, attraverso l’uso dei colori primari, rosso, verde e blu, su uno sfondo nero, accostati nello stesso modo in cui i pixel si dispongono per dare vita all’immagine sullo schermo televisivo, crea opere che richiamano la costruzione puntiforme delle immagini digitali, composte da numerosi pixel, scegliendo soggetti tratti dalla cultura popolare, dai programmi televisivi, dai cartoni animati, dai film cult di fantascienza e dai film di Kubrick.

Un lavoro lungo e artigianale, per il quale l’artista utilizza una mascherina di un centimetro quadrato che comprende al suo interno tre segni paralleli verticali dei tre colori e applica numerosi strati di pittura con l’aerografo.

La nuova mostra al MACRO rappresenta per l’artista romano una evoluzione naturale del suo lavoro. Si tratta di lavori sempre incentrati su temi a lui cari, quali il fenomeno della condivisione collettiva e l’analisi dei limiti e della sintesi tra realtà e finzione, caratterizzati dall’abile riduzione dello spettro cromatico, ma l’attenzione dell’artista si sposta dalle immagini televisive verso la dimensione attuale, fatta di immagini prese dalla rete, nell’universo di internet e dei social network.

Contemporaneamente, sono presentati per la prima volta al MACRO i disegni di Pintaldi, parte strutturale del suo lavoro artistico.
Durante la mostra sarà organizzata una sezione didattica dove si potrà assistere al backstage della realizzazione di un’opera dell’artista.

Alberto Di Fabio – CosmicaMente

03.10.201510.01.2016

Dal 3 ottobre 2015 al 10 gennaio 2016 è ospitata presso il padiglione 9A del MACRO Testaccio la mostra dell’artista Alberto Di Fabio “COSMICAMENTE”, curata da Laura
Cherubini e promossa dall’Assessorato Cultura e Sport di Roma – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, in collaborazione con Gagosian Gallery.

Alberto Di Fabio trae ispirazione, fin dalle prime opere, dal mondo delle scienze naturali come la biologia, la chimica e l’astronomia. La sua pittura indaga su atomi, strutture cellulari, neuroni, catene di DNA, costellazioni, galassie, dando vita a forme, spesso geometriche, che girano e vibrano sulle sue tele in colori brillanti e puri, creando contrasti e scale armoniche, variazioni tonali e accostamenti sorprendenti. Grandi composizioni astratte che Di Fabio dipinge in acrilico sia su tela che su carta di riso, talvolta assemblate in suggestive istallazioni sospese nello spazio.

La mostra CosmicaMente è pensata come una visione che simula gli effetti relazionali di un cielo astronomico. Attraverso opere pittoriche, installazioni e video arte, lo spazio museale si trasforma in una meditazione cosmica dal forte sviluppo scenico, una sorta di ricognizione che si visualizza con il principio geometrico delle costellazioni fino al magnetismo della mente. Sulle pareti si stagliano diverse opere che indicano le molteplici nature figurative dell’artista, i suoi principali temi iconici, dai paesaggi Himalayani al sistema neuronale, l’interazione tra materia e antimateria, i buchi neri o la singolarità del Big Bang.

L’obiettivo è di catturare l’energia degli elementi che si rivelano attraverso nuovi portali di percezione. I suoi dipinti rappresentano un universo vasto e indisturbato dove le galassie, i fotoni, i neutroni si muovono in una dimensione infinita atemporale, creando nello spettatore visoni cinetiche extrasensoriali; la descrizione poetica degli elementi naturali e le loro intricate simmetrie aiutano lo spettatore a meditare, sognando di raggiungere l’elevazione e permutazione dello spirito.

FOTOGRAFIA – Festival Internazionale di Roma (14^ edizione) – IL PRESENTE

09.10.201517.01.2016

Enel Hall

Dal 9 ottobre 2015 al 17 gennaio 2016 il MACRO ospita la XIV edizione di FOTOGRAFIA – Festival Internazionale di Roma promosso dall’Assessorato Cultura e Sport di Roma – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, organizzato da Zètema Progetto Cultura, con la direzione artistica di Marco Delogu.

Il Festival ha scelto quest’anno Il Presente come proprio focus tematico, a partire dal quale è possibile elaborare una riflessione, mediante il mezzo fotografico, circa le molteplici dinamiche di comunicazione, interazione e relazioni che caratterizzano il vivere contemporaneo.

In un mondo in costante e repentina accelerazione, la pratica fotografica – i cui meccanismi di produzione e di distribuzione sono ormai pressoché immediati – si presenta come arte privilegiata per fissare e definire il presente, per osservarlo e per delimitarne i confini.

Il Presente è quindi il tema centrale che funge da filo conduttore delle varie sezioni del Festival. Oltre alla collettiva principale – dedicata al presente della fotografia italiana attraverso una selezione di artisti tra cui Olivo Barbieri, Fabio Barile, Federico Clavarino, Nicolò Degiorgis, Stefano Graziani, Allegra Martin, Domingo Milella, Francesco Neri, Sabrina Ragucci, Flavio Scollo, Giovanna Silva, Paolo Ventura – si segnalano le mostre personali di Paul Graham, Rachel de Joode, Kai Wiedenhöfer, Giovanni Cocco & Caterina Serra, Joachim Schmid, Martin Bogren, Mohamed Keita, e la XIII Commissione Roma affidata quest’anno a Hans-Christian Schink e Paolo Pellegrin.

Prosegue l’impegno del Festival nella promozione di giovani talenti e nuovi linguaggi fotografici con i numerosi premi e call: Open Call for Artists, Premio Graziadei per FOTOGRAFIA, Little big press, PhotoTales – Call for Multimedia Projects, Premio IILA.
Anche quest’anno FOTOGRAFIA contribuisce a consolidare a Roma un forte circuito dedicato alla fotografia contemporanea, con una serie di mostre collaterali che coinvolgono sia Accademie di Cultura straniere – importante quest’anno la collaborazione con l’American Academy in Rome e l’Accademia Tedesca Roma Villa Massimo – sia spazi espositivi istituzionali e gallerie private. Una sezione del Festival è inoltre interamente dedicata al presente dell’editoria fotografica nazionale con una selezione tra i più interessanti editori, librerie e autori di pubblicazioni self-published italiani, che presentano le loro pubblicazioni durante i primi tre giorni inaugurali.

Gianfranco Baruchello – Come la quercia

09.10.201506.03.2016

Hall

Installazione ambientale di Gianfranco Baruchello, concepita nell’ambito del progetto espositivo “L’Albero della cuccagna. Nutrimenti dell’arte”, ideato e curato da Achille Bonito Oliva.

Dal 9 ottobre 2015 al 10 gennaio 2016 sarà esposta nella Hall del MACRO – Museo d’Arte Contemporanea Roma l’installazione ambientale di Gianfranco Baruchello, Come la quercia.
L’opera è stata concepita nell’ambito del progetto espositivo L’Albero della cuccagna. Nutrimenti dell’arte, ideato e curato da Achille Bonito Oliva, con la partecipazione di oltre trenta artisti internazionali in spazi museali ed espositivi sull’intero territorio italiano.

Il progetto di Gianfranco Baruchello al MACRO è promosso dall’Assessorato Cultura e Sport di Roma – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e realizzato con la collaborazione della Fondazione Baruchello, con il patrocinio di EXPO 2015, la collaborazione del Programma sperimentale per la cultura Sensi Contemporanei dell’Agenzia per la Coesione Territoriale e del MiBACT, l’organizzazione tecnica dell’Associazione culturale MetaMorfosi.
Una comune sensibilità attraversa le opere degli artisti coinvolti nel progetto. Come afferma Achille Bonito Oliva, l’installazione di Baruchello si inserisce in questa riflessione collettiva, sollecitando una presa di coscienza del pubblico nei confronti delle problematiche ambientali, dell’alimentazione e delle sue implicazioni sociali. Un monito dell’arte che prende spunto dall’immaginario dell’Albero della cuccagna, simbolo di felicità e abbondanza ma anche della fatica e della difficoltà nel raggiungerle.

Baruchello muove dall’idea che oggi “l’Albero della cuccagna” sia forse più un miraggio che una realtà e che un albero vada immaginato e pensato, attraverso un processo di sospensione, di ascolto e identificazione.
L’artista propone al MACRO uno giardino-pensatoio che invita a immaginare l’albero in una situazione di riposo, di lentezza e di sogno, uno luogo sottratto al tempo ipertrofico della produzione e del consumo standardizzati. Lo spazio giardino di Baruchello è un vero spazio di terra nel quale una quercia giovane e una radice vecchia si dispongono ai lati di un letto, luogo del sogno, del riposo e della riflessione. Agli angoli dell’installazione una serie di monitor trasmettono immagini in movimento, sollecitazioni ulteriori da cui partire per immaginare/pensare l’albero. Su un comodino vicino al letto una serie di piccole boccette contengono essenze/parole derivate dai sogni. Il pubblico è anch’esso invitato a lasciare indicazioni per partecipare a questo laboratorio dell’immaginazione.

Per pensare l’albero, sembra dirci Baruchello, è necessaria anche la consapevolezza del contesto in cui l’albero è vissuto, vive e vivrà. Le condizioni ambientali sono prima di tutto condizioni etiche, di responsabilità e paesaggio mentale che ognuno dovrebbe percepire e affrontare. Il tempo vegetale indica pertanto un altro tempo della politica o del vivere insieme.

Il piccolo giardino è uno spazio, anche magico, in cui la storia, l’attualità, il possibile/futuro si mescolano per produrre una terza via: tra passato e presente, tra storia e memoria, tra vecchio e nuovo, ovvero tra contraddizioni apparentemente insolubili, in vista di un ipotetico futuro albero/possibile, nell’atmosfera immateriale della memoria, del
sonno/sogno.

ALMANACH

09.10.201517.01.2016

a cura di Lorànd Hegyi

MACRO Via Nizza, Project Room #1 e #2

La mostra presenta diverse visioni estetiche e metodi artistici nell’ambito del disegno contemporaneo, dal paesaggio al tema del viso e del ritratto; dalla tematica del frammento alle forme sociali.

Artisti presenti in mostra: Arpaïs du bois, Ruth Barabash, Massimo Barzagli, Frauke Boggasch, Matt Bollinger, Davide Cantoni, Gianni Caravaggio, Guglielmo Castelli, Rolando Deval, Matias Duville, Laszlo Feher, Salvatore Garau, Ugo Giletta, Franz Graf, Erich Gruber, Jana Gunstheimer, Allison Hawkins, Domenika Horakova, Marine Joatton, Nestor Kovachev, Denica Lehocka, Iris Levasseur, Felice Levini, Christian Lhopital, Christiana Löhr, Peter Martensen, Muntean/Rosenblum, Francoise Petrovich, Agathe Pitié, Laszlo L. Revesz, Fabian Seiz, Serse, Zsofi Szemzö, Barthelemy Toguo, Sandra Vasquez de la Horra, Lois Weinberger.

Carlo e Fabio Ingrassia

27.11.201531.01.2016

Project room #1

I gemelli catanesi Carlo e Fabio Ingrassia hanno la caratteristica di dipingere simultaneamente sullo stesso quadro, attraverso un lavoro meticoloso e scientifico a quattro mani, reso possibile dal fatto che l’uno è mancino e l’altro è destrimano.

Questa predisposizione fisica naturale permette loro di lavorare contemporaneamente a pastello sullo stesso supporto cartaceo, ciascuno con una propria caratteristica struttura della forma e del segno.

Al MACRO gli Ingrassia presentano i primi dieci anni del loro lavoro, con opere che nascono dal dialogo continuo tra disegno e scultura sovvertendo il modo tradizionale di concepire le grammatiche del colore, fino a far dissolvere la scultura nel tratto della matita, dove attraverso la saturazione e le velature del grigio, scaturisce il colore.

Allo stesso tempo, la grammatica dei colori e la grammatura della carta sembrano sovrapporsi e comporsi di volta in volta in forme plastiche, e il disegno diventa scultura, con opere che si materializzano dal supporto cartaceo in strati di pastello su cartone, immagini mentali scolpite attraverso gesti puliti e calibrati, fino a secernere spessori, suggerire contorni.

Biografia
Carlo e Fabio Ingrassia (Catania, 1985), vivono e lavorano a Catania (Italia). Dopo aver conseguito il Diploma in Grafica Pubblicitaria presso l’Istituto d’arte di Catania nel 2004, si laureano all’Accademia di Belle Arti di Catania (sezione Scultura) nel 2011. Nel 2013 conseguono il diploma in Discipline plastiche e Scultura al Liceo Artistico M. M. Lazzaro di Catania.
Gli Ingrassia hanno esposto in diverse mostre nazionali ed internazionali. Sono stati secondi classificati al Premio FAM Giovani per le Arti Visive e finalisti al Premio Cairo a Milano.

Tra le principali mostre si ricordano: PIANETA X, a cura di Daniela Bigi, Museo Riso, Palermo (2015); Premio FAM Giovani per le arti visive (II classificato); Viaggio in Sicilia #6 – Quando il paesaggio è in ascolto, a cura di Valentina Bruschi, Cantine Planeta (2014); Sezioni e Polvere (mostra personale), Ritmo Independent Cultural Space, Catania, (2013); opere selezionate Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico Artistico, Museo Nazionale Palazzo Venezia, Roma (2012); 54° Biennale di Venezia Esposizione Internazionale d’Arte, Padiglione Italia / Accademia, Venezia, (2011); I° classificato al Premio Nazionale delle Arti ’08, sessione Scultura e Decorazione, (2008).

“SIRIUS. Where the dog is buried”- Lehndorff / Trülzsch

27.11.201517.01.2016

Mostra della coppia di artisti tedeschi Lehndorff/Trülzsch, che si inserisce nell’ambito della XIV edizione del FOTOGRAFIA Festival Internazionale di Roma. Vengono presentate sette grandi fotografie e sedici piccole polaroids testimoni del ‘bodywork’ sperimentato dai due artisti già dai primi anni della loro collaborazione nata nel 1970.

Sala Enel

Dal 1984 al 1988, gli artisti Vera Lehndorff e Holger Trülzsch lavorano alla serie ‘SIRIUS’ (presentata per la prima volta nel 1986 alla Bette Stoler Gallery a New York), un progetto realizzato in Italia, a Prato, all’interno di magazzini di indumenti usati, che prende il suo titolo dalla omonima costellazione, Sirius, detta anche Stella del Cane, la più brillante del cielo notturno, la guida dei viaggiatori. Il sottotitolo ‘Where the Dog is Buried’ viene coniato per la prima volta in occasione dell’esposizione alla Scott Hanson Gallery di New York nel 1988.

Le foto vengono realizzate sullo sfondo di pile di stracci colorati, trasferendo sul corpo della modella/artista l’immagine astratta creata dalla materia variopinta per poi sparire, mescolandosi nell’accumulo di tessuti, diventando quasi invisibile. L’esposizione viene accompagnata da una selezione di polaroids che catturano i diversi momenti del lavoro, come una traccia completa del processo creativo.

Trülzsch dipinge il corpo di Lehndorff riproducendo una mimesis dell’area circostante. Entrando a far parte dello spazio, il corpo sostituisce l’area riprodotta, talvolta fino a sparire completamente. Il corpo diventa un dipinto e il dipinto si fonde con il muro e scompare, come scriveva Gary Indiana nel 1985.

Una suggestione surreale che, a partire dal concetto di objet trouvé, descrive una metamorfosi poiché il corpo, fondendosi con lo sfondo, lo evidenzia, rappresentando se stesso all’interno di qualcos’altro.

In questo senso lo spettatore viene invitato a ricercare l’essenza delle cose e ad andare oltre l’apparenza in un ‘gioco di perdizione’ in cui il desiderio di sparire diventa contemporaneamente anche quello di apparire; la maschera non solo nasconde ma rivela.

Così commenta Trülzsch in una intervista: “I felt like a Pygmalion, having a fearful vision that beauty could turn into a mostrous creature; well, it did, in a quite and satirical manner. And technically, it was an incredible challenge for me to paint in a hyperrealistic way, like in an old master’s fresco technique”.

Cenni biografici

Vera Lehndorff, nasce nel  1939 in Königsberg/Kaliningrad. Dal 1958 al 1961 studia pittura e design al Fachschule für Gestaltung, Hamburg.  Nel 1961 Lehndorff arriva in Italia, dove continua a dipingere; a Firenze viene scoperta dal fotografo Ugo Mulas cominciando la sua carriera da modella diventando da qui a pochi anni famosa in tutto il mondo con il nome di “Veruschka” affermandosi come una delle più importanti top model nel mondo. Nel 1963 conosce l’artista Salvator Dalì che la introduce al Surrealismo e con il quale realizza numerose performance artistiche e fotografie. Attraverso questa esperienza, Vera impara a concepire il suo corpo come un mezzo artistico. Nel 1968 infatti si dipinge come una pietra nel film diretto dal fotografo Franco Rubartelli, sperimentando la pittura e il disegno su foto-immagini di se stessa. Nel 1970 incontra l’artista  Holger Trülzsch con il quale comincerà una lunga collaborazione artistica. Porta avanti contemporaneamente progetti personali come la serie di foto in bianco e nero che la ritraggono coperta di cenere nelle strade di New York, esposte al MoMa-PS1 nel 2001, lavorando successivamente ad altri progetti come Veruschka Self-Portraits (2000) e producendo l’installazione e il video Burning City (1996). Dal 2005 vive e lavora a Berlino.

Holger Trülzsch, nasce nel 1939, vive e lavora a Parigi e Berlino. Dal 1960 al 1965 studia pittura e scultura presso l’Academy of Fine Arts a Monaco di Baviera (Akademie der Bildenden Künste, München); è vicino ai membri  del SPUR, WIR e Geflecht groups. Nel 1961, durante l’esposizione del Gruppo Zero presso la NOTA Gallery a Monaco, incontra Otto Piene che lo introduce all’arte cinetica e informale, in particolare all’arte lumino-cinetica. Nel 1965, Trülzsch lavora alla relazione tra pittura, scultura e suono. Dal 1970, in collaborazione con Vera Lehndorff, usa l’affresco e le tecniche anamorfiche, fissando la natura effimera dei body paintings in tableaux fotografici. La combinazione di pittura e fotografia è essenziale per creare l’illusione, facendo apparire e sparire il corpo rispetto allo sfondo. Fino al 1988,  Vera Lehndorff / Holger Trülzsch realizzano numerose serie di body paintings come “Oxydation” (1973), “Striptease” (1973), “Eruption a creation of a mask” (1973) e “Mimicry dress art” (1973). Insieme a J. F. Chévrier and F. Hers, è stato il co-fondatore, membro e il curatore artistico dell’esposizione”Mission Photographique de la Datar” (1985, Palais du Tokyo, Parigi), una delle più grandi missioni in Europa del XX secolo. Il lavoro di Holger Trülzsch crea una connessione tra fotografia, pittura, disegno, video, scultura, suono e luce, realizzando grandi installazioni e interventi in esposizioni e spazi pubblici.