Dolce Far Niente

Dolce Far Niente è il progetto dedicato all’ozio che per tutto il mese di agosto sarà diffuso sui canali digitali del MACRO.  

 

L’espressione “Dolce far niente” sembra derivare dallo scrittore e magistrato romano Plinio il giovane il quale, nel Libro VIII delle “Epistole”, scriveva «Non so più da molto cosa sia il riposo, cosa sia la tranquillità, cosa sia quello stato di non far nulla, non esser nulla, certo privo di attività, ma tuttavia piacevole».  

 

Si propongono di seguito una serie di testi, libri e saggi attraverso i quali poter approfondire il tema dell’ozio inteso come esaltazione del tempo libero, svuotato da impegni, scopi e urgenze dedicato alla rinascita del corpo e della mente. Accompagneranno questi suggerimenti letterari delle immagini create un’Intelligenza Artificiale e una playlist sul tema. In un’era votata all’iper-produttività, cercheremo di scoprire insieme come avvicinarsi all’ozio dolcemente e senza sensi di colpa.

#1
 Marco Tullio Cicerone, De officiis (44 a.C)
«Ma né il mio tempo libero né la mia solitudine sono da paragonarsi a quelli dell’Africano. Lui si prendeva ogni tanto del tempo libero per riposare dagli splendidi servigi prestati alla città, e lasciava talvolta la compagnia degli uomini per ritirarsi nella solitudine come in un porto; invece il mio tempo libero è nato non dal bisogno di riposo, ma dalla mancanza di impiego […] io invece, che non ho altrettanta capacità di astrarmi dalla solitudine in un pensiero silenzioso, ho dedicato tutta la mia cura e la mia attenzione a questo lavoro di scrittura. Ho dunque scritto di più in questo breve tempo da che lo stato è crollato, che non nei molti anni in cui era in piedi.»

 

#2
✦ Yoshida Kenkō “Momenti d’ozio” 
(1330 – 32) 
«Nel vuoto di ore oziose prendo la pietra da inchiostro e tutto il giorno mi perdo ad annotare a caso le sciocchezze che mi passano per la mente, e un’ebbrezza misteriosa mi assale.»

 

#3
Paul Lafargue, Il diritto alla pigrizia
(1883)
«I Greci nell’epoca del loro splendore non avevano che disprezzo per il lavoro, solo agli schiavi era permesso di lavorare: l’uomo libero conosceva esclusivamente gli esercizi ginnici e i giochi dello spirito. Era questa l’epoca in cui si viveva e si respirava in mezzo a un popolo di Aristoteli, di Fidia, di Aristofani; erano questi i tempi in cui un pugno di valorosi travolgeva a Maratona le orde di quell’Asia che di lì a non molto Alessandro avrebbe conquistato. I filosofi dell’antichità insegnavano il disprezzo per il lavoro, degradazione dell’uomo libero; i poeti cantavano l’ozio, dono degli dèi: “O Meliboee, deus nobis haec otia fecit”»

 

#4
Robert Louis Stevenson, Elogio dell’ozio
(1877)
«L’attività frenetica, a scuola o in università, in chiesa o al mercato, è sintomo di scarsa voglia di vivere. La capacità di stare in ozio implica una disponibilità e un desiderio universale, e un forte senso d’identità personale. C’è in giro molta gente mediocre, semi-viva, che a malapena è consapevole di vivere, se non nell’esercizio di qualche occupazione convenzionale. Portate queste persone in campagna o a bordo di una nave, vedrete come rimpiangeranno la loro scrivania e il loro studio.»

 

#5
Jerome K. Jerome, I pensieri oziosi di un ozioso
(1886)
«È impossibile godere la pigrizia fino in fondo se non si ha parecchio lavoro da compiere. Non è affatto divertente non far nulla quando non si ha nulla da fare. Perdere il tempo diventa una mera occupazione, allora, e un’occupazione tra le più affaticanti. L’ozio, come i baci, per esser dolce deve essere rubato.»

 

#6
William Morris, Lavoro utile, fatica inutile
(1888-1894)
«Dobbiamo cominciare a costruire la parte decorativa della vita – i suoi piaceri, fisici e mentali, scientifici e artistici, sociali e individuali – sulla base del lavoro intrapreso volentieri e con gioia, consapevoli di apportare in tal modo un beneficio a noi stessi e a chi ci sta intorno.»

 

#7
Henri Lefebvre, Critica della vita quotidiana
(1961)
«In sintesi, lavoro, tempo libero, vita familiare e vita privata costituiscono un insieme che possiamo chiamare “struttura globale” o “totalità”, a condizione di sottolinearne la natura storica, mutevole e transitoria. Se consideriamo la critica della vita quotidiana come un aspetto di una sociologia concreta, possiamo prevedere una vasta indagine che guarderà alla vita professionale e alle attività del tempo libero nei termini delle loro molteplici interazioni. La nostra particolare preoccupazione sarà quella di estrarre ciò che è vivo, nuovo, positivo – i bisogni e le soddisfazioni utili – dagli elementi negativi; le alienazioni»


#8
 Tom Hodgkinson, L’ozio come stile di vita
(2004)
«Nel 1993 andai a intervistare il compianto filosofo radicale e sperimentatore di sostance stupefacenti Terence McKenna. Gli chiesi perché la società non ci permette di essere più oziosi. Mi rispose: “Credo che la ragione per la quale non organizziamo la società in questo modo può essere riassunta nell’aforisma «l’ozio è il padre dei vizi». In altre parole, le istituzioni temono una popolazione oziosa perché un ozioso è un pensatore e i pensatori non sono un ornamento benaccetto nella stragrande maggioranza delle situazioni sociali. I pensatori diventano degli insoddisfatti, e la parola «insoddisfatto» è usata quasi come sinonimo di ozioso. In sostanza, tutti noi veniamo tenuti molto occupati.”»