MARCELLO MALOBERTI
Tutto ciò che amo è illegale o non risponde al telefono
Per Marcello
Di Luca Lo Pinto
Da MARTELLATE (SCRITTI FIGHI 1990-2019)
Flash Art
2019

Il direttore del MACRO Luca Lo Pinto introduce MARTELLATE (SCRITTI FIGHI 1990-2019), una raccolta di scritte, sotto forma di slogan, che hanno accompagnato Marcello Maloberti in quasi un trentennio di poetica.

 

Odio gli alberi quando fanno l’amore, perché quando lo fanno mi viene il raffreddore.
Bevo finché vedo.
Gesù è risotto.
Qui si piange solo.
Tiro a campari.
Mi manchi ma fai schifo.
Finisce il mare, figurati l’amore.
Posso darti il meglio di me e riprendermelo quando cazzo voglio.
Mi sto innamondo di te.
C’è che siamo sinonimi che giocano a fare i contrari.
Chissà perché maschera in latino si dice persona.
L’inaspettato è meglio del previsto.
Neanche i sofficini sorridono più.
Forse eravamo giusti nel momento sbagliato.
Amore, ricordami il soffritto.
Meglio ubriacarsi che amarsi.
Zitto e urla.
Non voglio nessuno che mi cammina dietro e non voglio bambini.
Pedonami.
Scopami, poi ti spiego.

Queste frasi raccolte sui muri sono urla di disperazione, amore, imprecazione, desideri, sogni, incubi senza firma.
Puzzano di vita come il mondo di Marcello che adora la strada ma la osserva dalla terrazza dell’arte.
Marcello è un fantasista metafisico. Ama i corpi quanto il linguaggio.
Le pagine di questo libro sono frasi tridimensionali.
Martellate è un autoritratto che riassume in forma frammentata e poetica le ossessioni che nutriscono il suo lavoro.
L’arte di Marcello è una molla che si tende fino al punto di skoppiare.
L’effetto che produce è come l’alba alla fine di una lunga notte di festa: insegne segnaletiche al contrario, tigri di porcellana in mille pezzi, palloncini scoppiati, palme, meloni gialli, ritagli visivi di giornali, discoteche automobilistiche.
Appare spensierata, colorata, ma è gonfia di malinconia, di una disperazione erotica stomp.
È una carne amata e violentata dalla società che lo ha partorito. In costante ricerca di uno skontro amoroso.
È accekato da meteore alla Ninetto Davoli, Donatella Rettore, Mago Silvan a cui sogna di affidare compiti improbabili.

Le sue droghe si chiamano Pier Paolo Pasolini, Peter Greenaway, Franco Moschino, Gilles Deleuze, Felix Gonzalez-Torres, Romeo Gigli, Carmelo Bene, Magazzini Criminali, Socìetas Raffaello Sanzio, Pontormo, Nietzsche, Massimo Zamboni, Tonino de Bernardi.
A Paul Celan preferisce il Cynar.
È stregato dai supereroi, dall’aranciata amara, dal circo, dalla piccola provincia, i suoi personaggi, i suoi canali televisivi.

Martellate è il risultato di innamoramenti quotidiani.
Sono frasi scolpite su carta con un pennarello come martello con la stessa intensità con cui Salvo le incideva sul marmo o Agnetti sul feltro.
Scolpite come i muscoli del suo corpo rivestito da pelle nera di mapplethorpiana memoria.
Marcello elude la logica per saziare la sete di un godimento estetico e estatico, fisico e retinico.
L’immaginazione gli ha spaccato la testa.
Se questo libro fosse una mostra, sarebbe un concerto in uno stadio pieno con un palco vuoto e il pubblico a cantarlo a memoria accecato da accendini rosso bordeaux.

Tutto il resto è noia.
Punto.

 


 

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MARTELLATE (SCRITTI FIGHI 1990-2019)
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