2014

DIGITAL LIFE 2014 – PLAY

09.10.201430.11.2014

MACRO Testaccio

La mostra, realizzata nell’ambito di Romaeuropa Festival, presenta 10 opere interattive, ludiche e sperimentali, innescate proprio dagli spettatori che daranno vita a un ambiente particolarissimo, personale e collettivo allo stesso tempo: dall’installazione per sequenze ritmiche di Alexander Burton, alla scultura sonora cinetica di Andrè & Michel Decosterd, l’altalena sonora di Veaceslav Druta, l’orchestra per gocce d’acqua e percussioni di Arno Fabre, i concerti per campane tibetane di Leonore Mercier e per speaker e amplificatori di Zahra Poonawala, i 108 carillon pilotati da una banca dati di Heewon Lee, l’arpa di luce di Pietro Pirelli, la Torre di Babele ipercontemporanea di Douglas Henderson, le strutture molecolari e sonore di Donato Piccolo, il telaio musicale di Kingsley NG.

Il comitato scientifico è composto da Monique Veaute,  Fabrizio Grifasi, Direttore della Fondazione Romaeuropa, Alain Fleischer, Pascale Pronnier, responsabile Programmazioni artistiche di Le Fresnoy, Daniele Spanò, artista e consulente artistico della Fondazione Romaeuropa, Francesca Manica, Coordinatrice artistica della Fondazione Romaeuropa.

BERLINO, PARIGI, ROMA nei fumetti di Anke Feuchtenberger, Manuele Fior e Emmanuel Guibert

17.04.201410.05.2014

La mostra Berlino, Parigi, Roma costituisce la tappa finale del progetto L’Europa in una nuvoletta, ideato dal Goethe-Institut Rom e dall’Institut français Italia, nell’ambito del Cinquantesimo anniversario del Trattato dell’Eliseo, con il sostegno del fondo Elysée dei ministeri francese e tedesco degli Affari esteri.

La mostra presenta le capitali di Germania, Francia e Italia attraverso le esperienze di viaggio di tre tra i più importanti fumettisti europei, ognuno alla scoperta del Paese di origine dell’altro. Un’iniziativa di Institut français e Goethe-Institut nell’ambito di L’Europa in una nuvoletta.

Nel contesto delle elezioni europee e del prossimo semestre di presidenza italiana del Consiglio dell’Unione europea, nel momento in cui l’Europa deve affrontare la crisi economica e sociale e le tensioni geopolitiche in Ucraina, il Goethe-Institut Rom e l’Institut français Italia invitano tre fumettisti di rilievo, la tedescaAnke Feuchtenberger, l’italianoManuele Fior e il franceseEmmanuel Guibert, a dare la loro propria visione dell’Europa, dopo aver risieduto ed osservato per una settimana ciascuna delle tre capitali dei tre grandi Paesi fondatori dell’Unione.

Anke Feuchtenberger ha visitato Roma e Parigi. I disegni della fumettista sono apparsi nei più importanti quotidiani tedeschi, come Die Zeit, la Frankfurter Allgemeine Zeitung e la Süddeutsche Zeitung. I suoi graphic novel sono stati tradotti in inglese, francese, italiano e cinese.

Manuele Fior ha visitato Berlino e Parigi. L’artista italiano ha realizzato illustrazioni per The New Yorker, Le Monde, Vanity Fair e per il Rolling Stone Magazine. Berlino non gli è nuova, avendoci vissuto per cinque anni esercitando la professione di illustratore e architetto.

Emmanuel Guibert si è recato a Berlino e Roma. Guibert ha raggiunto il successo professionale in Francia nel 1997 con La fille du professeur, diventando famoso anche a livello internazionale nel 2008, anno della pubblicazione del suo fumetto in tre tomi Le Photographe (Il fotografo), che parla degli aiuti umanitari in Afghanistan.

Global Exchange: Astrazione geometrica dal 1950

07.05.201414.09.2014

La mostra, a cura di Joe Houston e con la collaborazione di Micol Di Veroli e Massimo Scaringella, presenta un’importante collezione di opere di astrazione geometrica provenienti da un grande museo internazionale, il MACBA Museo d’arte contemporanea di Buenos Aires.Si tratta di importanti opere che, pur mostrando singolarmente le specificità dovute alle differenze di provenienza e approccio personale degli artisti, rivelano nel loro complesso il filo conduttore che le vincola al contesto più ampio del linguaggio dell’astrazione geometrica, descrivendo sapientemente l’evoluzione di questo movimento, in Europa e in America, durante gli ultimi 60 anni.

Fra gli artisti italiani presenti si sottolineano i nomi di Marina Apollonio, Franco Grignani, Ennio Chiggio, Grazia Varisco, Manfredo Massironi e Getulio Alviani.

Il Nord America è invece presente con opere di Francis Hewitt, Ernst Benkert, Jorrit Tornquist, Howard Mehring, Georg Karl Phaler, Gene Davis, Paul Reed, James Hilleary, Paul Feeley, John McLaughlin, Jean Gorin e Charles Biederman.

Presente in mostra anche una selezione di opere di artisti argentini, sia storicizzati come Manuel Espinosa, Juan Melé, Horacio Garcia Rossi, che protagonisti del contemporaneo come Fabián Burgos e Gabriela Böer.

Giacinto Cerone. Il massimo dell’orizzontale. Opere su carta

07.05.201418.09.2014

La mostra, a cura di Benedetta Carpi De Resmini, celebra Giacinto Cerone (1957–2004), uno dei maggiori protagonisti del secondo Novecento italiano, in occasione dei dieci anni dalla scomparsa. L’esposizione dedicata alla sua produzione di opere su carta, presenta una selezione di oltre trenta disegni, molti dei quali inediti, provenienti da collezioni pubbliche e private.

La tensione emotiva e la fisicità espressiva tipiche delle sculture di Cerone, emergono con la stessa dirompenza nelle sue opere su carta, che rientrano a pieno titolo nel processo creativo dell’artista. I tagli, le torsioni, la lacerazione della materia plastica si trasformano sulla carta in segni nervosi, profili vibranti, grumi di colore, eseguiti impiegando tutto il corpo, steso a terra.

Liberandosi del peso della materia, Cerone spande sul piano orizzontale del foglio la potenza del segno. Opere di grandi dimensioni, come la serie delle Ofelie o degli Argonauti, manifestano una continua e incessante sperimentazione capace di trasformare un elemento naturale – la fioritura di un arbusto, i viluppi di un panno, le figure senza volto – in una visione alchemica. Per Cerone nel disegno le cose cessano di essere ciò che sono per divenire ciò che noi desideriamo che siano. Come un’alchimista lavora con entrambe le mani, disegna con potenza da destra verso sinistra, o viceversa, contemporaneamente.

Completa il percorso espositivo una nutrita documentazione costituita da fotografie, lettere, scritti, estratti di cataloghi e periodici, tutti provenienti dall’Archivio Giacinto Cerone che ha reso possibile, grazie alla sua collaborazione, la realizzazione della mostra.

Il MACRO inoltre pubblicherà un quaderno, edito da MACRO-Quodlibet, che comprende una serie di testi critici inediti accompagnati da una ricca documentazione iconografica.

Biografia
Giacinto Cerone (Melfi 1957 – 2004 Roma), dopo aver frequentato il Liceo Artistico, si trasferisce a Roma dove, presso l’amico Giuseppe Appella, frequenta lo Studio Internazionale di Arte Grafica l’Arco. Nel 1990, per iniziativa di Mauro Zammataro e Corrado Bosi (Galleria Graffiti Now), con la collaborazione di Roberto Monti, si trasferisce per un breve periodo ad Albisola dove presso le Ceramiche S. Giorgio realizza le prime opere di ceramica. Nel 1993, in occasione di una mostra alla Galleria Maurizio Corraini di Mantova, sposta il lavoro sulla ceramica presso la Bottega Gatti di Faenza, che rimane suo punto di riferimento durante tutta la sua carriera. Sempre nel 1993 realizza i primi grandi gessi per la mostra alla Galleria Bonomo di Roma. Negli stessi anni, dalla Lucania, gli vengono spedite placche di moplen che lavora in contemporanea alla vetroresina. Nel 1997 inizia la collaborazione con la stamperia Bulla di Roma. Tra il 1999 e il 2000 frequenta l’Associazione Incontri Internazionali d’Arte entrando nella collezione di Graziella Lonardi Bontempo. Nel 1999 realizza una grande installazione scultorea nello Spazio per l’Arte Contemporanea Tor Bella Monaca. L’anno successivo e poi nel 2003 è alla Galleria David Gill di Londra con due mostre personali. Del 2001 è la mostra al Palazzo delle Esposizioni di Faenza: qui incontra Emilio Mazzoli che gli commissiona i primi e unici marmi eseguiti nello Studio Nicoli di Carrara, entrati nella collezione permanente Mazzoli. Nel 2006 gli viene dedicata una sala al Museo della Scultura di Matera, nel 2007 una retrospettiva al Museo Pericle Fazzini di Assisi. Del 2011 è la prima retrospettiva alla GNAM, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma.

SHIFTING IDENTITIES – Identità nell’arte contemporanea delle ultime generazioni tra Finlandia ed Estonia

21.05.201414.09.2014

La mostra, a cura di Ludovico Pratesi e organizzata dalla Väinö Tanner Foundation, raccoglie per la prima volta 21 esponenti delle ultime generazioni dell’arte estone e finlandese, accomunati da una profonda riflessione sul tema dell’identità.

Si tratta degli artisti Reio Aare, Flo Kasearu, Paul Kuimet, Eva Labotkin, Tanja Muravskaja, Kristina Norman, Mark Raidpere, Eva Sepping, Liina Siib, 10×10 meters, e dagli artisti finlandesi Adel Abidin, Aino Kannisto, Riikka Kuoppala, Mikko Kuorinki, Antti Laitinen, Liisa Lounila, Nelli Palomäki, Anna Rokka, Jani Ruscica, Pia Sirén, Pilvi Takala.

Pur appartenendo a differenti aree geografiche, scandinava e baltica, gli artisti finlandesi ed estoni delle ultime generazioni hanno sviluppato punti di vista simili e complementari, condizionati da vicinanze etniche e linguistiche, e soprattutto da una storia a tratti comune che ha visto le due nazioni sottostare, seppure con diverse modalità, all’influenza dell’ex Unione Sovietica, con conseguente necessità di riaffermare e ridefinire le rispettive identità nazionali particolarmente sentita in Estonia, assoggettata a cinquant’anni di occupazione.
Mentre la questione identitaria non appare come fondamentale per l’arte finlandese del dopoguerra, fatta eccezione per il gruppo alternativo dei “Vendemmiatori” (The Harvesters) negli anni Settanta, appare invece fondamentale per gli artisti delle ultime generazioni sia in Finlandia che in Estonia.

Tsibi Geva: Recent and Early Works

30.05.201414.09.2014

a cura di Barry Schwabsky e Giorgia Calò

MACRO Testaccio

L’esposizione, a cura di Barry Schwabsky e Giorgia Calò, raccoglie circa trenta dipinti, alcuni di grandi dimensioni, realizzati negli anni Ottanta nonché l’ultima produzione dell’artista israeliano Tsibi Geva, a cui si affiancano una grande installazione in ferro e un graffito realizzato site specific per questa occasione. 

L’opera di Tsibi Geva, uno dei più importanti artisti israeliani contemporanei, amalgama motivi e immagini tratti dall’ambiente circostante, israeliano e palestinese: paesaggi, architetture e frammenti urbani.

Il lavoro presenta una miscela, una fusione di diverse matrici culturali, etniche e politiche che creano rapporti dialogici e contemporaneamente esprimono, in toni accesi, tensioni e conflitti profondi e cruenti.
Epicentro della mostra sono i quadri creati da Geva in questi ultimi anni. Sembrano turbini selvaggi, in cui vorticano frammenti di membra umane, scene di sesso, elementi vegetali, uccelli e pezzi di oggetti come keffiyah palestinesi e piastrelle.

Oltre a un’angoscia esistenziale, nei dipinti è insito anche un “attacco al disegno”, una “rottura dell’ordine” e il tentativo di sconvolgere le logiche del linguaggio, dello stile e degli elementi fondamentali dell’arte figurativa. Il contrasto fra me e l’altro, che generalmente si riferisce all’arena politica, qui si traduce in una lotta interiore nell’animo dell’artista: Je est un autre, come ha scritto Rimbaud. 

La mostra è costruita come un’enorme installazione in cui i lavori si inseriscono in relazione e reazione all’architettura e all’“accumulo di memorie”.

Lungo una parete dello spazio espositivo si stagliano grandi inferriate tridimensionali della serie Lattices. Questo gruppo di sculture fa riferimento ai modelli e agli schemi tipici del tardo modernismo e dell’epoca post moderna, come anche alle versioni popolari e alla cultura di strada improvvisata caratteristica dell’urbanesimo israeliano. Le inferriate s’intersecano, riecheggiano i dipinti murali, i graffiti recanti il motivo della keffiyah o della barriera, centrali in tutta la poetica di Geva, rivelando un’indagine sulle forme e le strutture di base della coscienza: frontiere, blocchi, carcerazioni. Come spiega Giorgia Calò: “Geva non vuole indagare i ruoli di vittima e carnefice, ma la comune sensazione di imprigionamento derivata da un’idea contorta del concetto di territorialismo, punto focale di tutta la questione”.

Anche le opere precedenti presenti nella mostra, risalenti agli anni Ottanta, possono fornirci chiavi concettuali per questo mondo d’immagini e per il costante interesse nei confronti dei simboli identitari e dei conflitti culturali, a partire dalle parole, in ebraico e in arabo, che compaiono spesso nei dipinti.

La collocazione spaziale e l’ambiente mentale costruiti da Geva “aggrediscono” il visitatore e provocano il suo coinvolgimento emotivo portandone a galla le ansie ed esprimendo una visione del mondo dura, dilaniata, sconcertante e piena di dubbi.
 

Biografia
Tsibi Geva, nato nel 1951 nel Kibbutz Ein Shemer, in Isralele, vive e lavora tra Tel Aviv e New York. Figlio di uno dei maggiori esponenti del Bauhaus israeliano, è tra gli artisti più noti del panorama contemporaneo nazionale. Artista completo: dipinge, scolpisce e disegna. Interprete raffinato e dal forte tratto espressionista, dalla fine degli anni Settanta presenta una sua personale riflessione sulla cultura, la politica, la filosofia e la mistica, ponendo al centro del suo lavoro l’esplorazione della propria identità e quella del suo paese. Nel 2008 il Tel Aviv Museum of Art gli ha dedicato una grande retrospettiva (Tsibi Geva: Mound of Things. Works and Projects 1982-2008). Attualmente è professore e direttore del programma di studi di arte del Beit Berl College School of Art, e insegna all’università delle Belle Arti di Haifa, che, grazie alla folta presenza di studenti arabi e israeliani, è caratterizzata da una forte matrice pluralista e multiculturale.

Urban Legends

07.06.201410.08.2014

Urban Legends nasce dall’iniziativa di 999contemporary ed è organizzata dalla gallerista Francesca Mezzano in collaborazione con l’associazione “Les Jours de France”, presieduta da Jacqueline Zana Victor, e con il patrocinio di Roma Capitale, Comune di Parigi, Ambasciata di Francia a Roma e Tandem, il programma di scambi culturali Italia-Francia.

Urban Legends racconta la storia e l’opera di dodici artisti, sei italiani e sei francesi, dodici “star” internazionali per un percorso comparato tra i linguaggi della street art di nuova generazione. Molti tra loro sono già leggende, altri si preparano a diventarlo. Una mostra che porta l’esperienza ormai decennale dell’Arte Urbana Contemporanea a confrontarsi con il museo e riporta, dopo tanto tempo, un movimento che si esprime attraverso la grande pittura in un museo di arte contemporanea.

Protagonisti di questo vero  e proprio evento espositivo sono: C215, ALEXONE, PHILIPPE BEAUDELOCQUE, EPSYLONPOINT, POPAY, SETH, ERON, MONEYLESS, LUCAMALEONTE, TELLAS, 108, ANDRECO. Oltre 2000 mq di esposizione tra “indoor” e “outdoor”, l’area esterna del complesso dell’ex mattatoio pronta per un “artist calling” che permetterà agli artisti più giovani di confrontarsi con i mostri sacri della street art e poi workshop, conferenze, musica e street food da giugno ad agosto. Ma si tratta di Street-Art e quindi la mostra non coprirà solo la sede museale ma ne fanno parte anche gli interventi nella metro Spagna e sul treno Roma-Lido.

Artisti in residenza #5. Studio shows

12.06.201421.09.2014

Mostra finale della quinta edizione del programma Artisti in residenza. Gli artisti Guglielmo Castelli, Nemanja Cvijanovic, Anna Franceschini e André Romão, selezionati per i quattro mesi di residenza iniziati a febbraio 2014, presentano i progetti inediti realizzati durante la loro permanenza. Il programma Artisti in residenza, è il primo ad essere promosso da un museo pubblico italiano ed è parte integrante della programmazione del MACRO che vuole proporsi come centro di diffusione e di produzione culturale.

Chittrovanu Mazumdar. “And what is left unsaid…”

13.06.201417.09.2014

Prima personale in Italia dell’artista franco-indiano Chittrovanu Mazumdar. La mostra è costruita sulla contrapposizione di due grandi installazioni che aprono il percorso espositivo — in cui i colori dominanti sono rispettivamente il nero dei monoliti interattivi in ferro e il rosso della seconda installazione — che si chiude quindi con una  videoinstallazione.

Il titolo della mostra descrive una melanconica e rassegnata presa di coscienza dell’impossibilità di esprimere se stessi fino in fondo, e rispetto alla quale le opere diventano la rappresentazione di ciò che, inespresso, riempie i nostri ricordi. 

Utilizzando materiali molto diversi come legno, ferro, tessuti, fiori, fotografie, video, suoni e luce, l’artista crea molteplici stimoli multisensoriali attraverso i quali egli racconta frammenti di storie, inclusa quella sua personale. Le immagini di Mazumdar conducono nel territorio ambiguo del non detto, del non manifestato, come un amore clandestino che non può essere rivelato e lascia sempre qualcosa in sospeso, latente e bloccato, nei due amanti che tornano alle proprie vite. 

La mostra è una sorta di viaggio visivo che ci trasporta, accompagnati da una tensione intellettuale ed estetica, tra storie private, reminiscenze visuali dell’India – con i suoi colori, i suoi suoni e le sue luci – e il patrimonio culturale occidentale dell’artista.

Chittrovanu Mazumdar (Parigi, 1956), vive e lavora a Calcutta. Presente sulla scena artistica indiana da circa trent’anni ha al suo attivo numerose personali a Calcutta, Mumbay, New Delhi, Dubai e Parigi. 

La mostra è a cura di Paola Ugolini, ed è stata realizzata con il patrocinio della Embassy of India Rome.

Annika Larsson. Introduction

13.06.201417.09.2014

Prima esposizione personale presso un’istituzione pubblica italiana dell’artista svedese Annika Larsson. La mostra presenta al pubblico le opere più recenti dell’artista, con due video – Blue (2014) e E.A.V. (2011) – insieme ad un’ampia installazione che ne elabora ulteriormente il discorso critico.

 Introduction è un progetto nato in collaborazione con l’Accademia Tedesca Roma Villa Massimo, dove attualmente l’artista è in residenza fino al prossimo dicembre. La ricerca di Annika Larsson in questa mostra si concentra su temi controversi della storia sociale dell’occidente moderno e contemporaneo.

Nel film Blue, 2014 l’artista trae ispirazione principalmente dal libro che Georges Bataille scrisse nel 1935, L’azzurro del Cielo, pubblicato solo nel 1957 perché ritenuto troppo intimamente personale. Questo romanzo, scritto poco dopo l’ascesa al potere, in Europa, dei governi totalitari, porta i segni premonitori dell’avanzata del fascismo e dell’imminente guerra: “Quando lessi L’azzurro del cielo per la prima volta nel 2010, afferma Larsson, rimasi sbalordita per i numerosi parallelismi con la storia e gli eventi dell’Europa di oggi.”

Attraverso una riflessione approfondita sulle parole di Bataille e le ispirazioni sulle mostruose anomalie della nostra società contemporanea, l’artista ha avviato una ricerca sui video footage che la gente ha caricato online negli ultimi anni. Facendo una ricerca su internet attraverso parole o situazioni chiave del libro, il risultato è stato un viaggio attraverso l’Europa di oggi.

L’artista, con un’attenta selezione di immagini forti, ipnotiche, alcune volte provocatorie, pone l’accento sui fondamenti stessi della società odierna, che dovrebbe garantire la libertà di espressione e di dissenso, sensibilizzando il pubblico verso i rischi, i confini e le derive del sistema democratico.

Nell’installazione del MACRO convergono diverse componenti, anche contrastanti, ispirate integralmente all’opera di Bataille: immagini accattivanti e sgradevoli si alternano costantemente arrivando a tracciare un’intensa immagine della nostra storia contemporanea. I concetti di ciclicità storica, di relatività e soggettività interpretativa sono al centro dei due video in mostra. Lo spettatore viene quindi disorientato attraverso questo costante susseguirsi di immagini che accentuano la forza d’impatto sia razionale che psicologica ed emotiva dell’intera installazione.
 

Biografia
 Nata a Stoccolma nel 1972, Annika Larsson risiede attualmente a Berlino e lavora principalmente con il video. Le sue opere trattano temi come il potere e l’impotenza, l’emozione e la percezione. Studia al Royal College of Fine Arts, Stoccolma. Il suo lavoro è stato presentato in mostre personali presso musei come Le Magasin, Grenoble, Kunstalle Nürnberg, Museum fü Gegenwartskunst, Basel, Sala Montcada – Fundacion La Caixa e ICA. e in Rassegne internazionali come la 49. Biennale di Venezia, 2001, 6. Biennale di Shangai, 2006, Festival internazionale del cinema di Berlino, 2011.

Cecilia Luci. Made in water

13.06.201407.09.2014

In mostra 25 opere scaturite dalla più recente ricerca dell’artista romana Cecilia Luci.

Artista intenta ad unire un personale immaginario visivo con un uso sapiente della macchina fotografica, Cecilia Luci, dopo aver abbandonato la tematica della figura umana, ha intrapreso una ricerca mirata alla ricostruzione di paesaggi interiori attraverso la combinazione di oggetti di uso quotidiano disposti in liquidi trasparenti come l’acqua. Le geometrie astratte, o le inaspettate metamorfosi che avvengono durante queste combinazioni, danno vita a stranianti fotografie che fanno della trasparenza stessa una sorta di filtro psicologico e formale che ripara memorie e ricordi, spersonalizzandoli con un forte accento estetizzante.

La mostra, a cura di Marco Tonelli e Fabiola Naldi, è accompagnata da un catalogo bilingue edito da De Luca Editori d’Arte.

SHOUT! Indonesian Contemporary Art

27.09.201409.11.2014

Promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Creatività e Promozione Artistica –  Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, e realizzata in collaborazione con MiFA -Melbourne Intercultural Fine Art Gallery, con il sostegno dell’Ambasciata della Repubblica di Indonesia presso la Santa Sede.
La mostra, curata da Bryan Collie e Santy Saptari, e allestita nell’ambito della rassegna cinematografica “Asiatica. Incontri con il cinema asiatico“, mette in luce la dinamicità e vitalità dei giovani talenti della scena artistica contemporanea indonesiana attraverso una selezione di 11 artisti provenienti da diverse città dell’Indonesia. Andita Purnama, Aditya Novali, Angki Purbandono, Bestrizal Besta, Erika Ernawan, I Gusti Ngurah Udiantara, Gatot Pudjiarto, Gusmen Heriadi, Maria Indriasari, Sigit Santoso e Yudi Sulistyo, esplorano – in forme e modi differenti che spaziano tra scultura, pittura, disegno e installazioni – l’umana lotta contro i costanti cambiamenti della vita e le sue sfide. I loro lavori parlano di temi esistenziali, di vita, di conflitti, di sopravvivenza, in pratica di ciò che significa essere un uomo nella complessa società di oggi.

Art in the Lobby. Matteo Guzzini e Sebastiano Mauri

25.10.201312.01.2014

Il progetto fotografico di Matteo Guzzini, African Heroes (2013), indaga usi e costumi dei Samburu, una delle ultime grandi tribù semi-nomadi africane del Kenia centro-settentrionale. L’opera di Sebastiano Mauri, The God MachineTM (2013)  è una mappatura della geografia spirituale e mentale trattata in chiave pop, come un genere di consumo, un gioco, una scommessa.

Artisti in residenza #4: STUDIO SHOWS

29.11.201326.01.2014

Mostra finale del programma “Artisti in residenza”, in cui i quattro artisti Hilla Ben Ari, Riccardo Beretta, Jacopo Miliani e Sahej Rahal espongono i progetti realizzati durante i quattro mesi di  soggiorno al Museo. La mostra è a cura di Maria Alicata.

Giulio Paolini. Essere o non essere

29.11.201309.03.2014

a cura di Bartolomeo Pietromarchi
L’esposizione, curata da Bartolomeo Pietromarchi, presenta dodici installazioni di grandi dimensioni ideate dall’artista a partire dai primi anni Novanta fino a oggi – in parte riformulate e allestite in modo inedito – e un’opera pensata appositamente per gli spazi del Museo. Essere o non essere, un lavoro della metà degli anni Novanta che dà il titolo alla mostra, è il tema intorno al quale si sviluppa l’intero percorso espositivo.

Jorinde Voigt. Superpassion

29.11.201331.03.2014

L’artista tedesca, protagonista emergente della scena artistica contemporanea internazionale, presenta per la sua prima mostra personale in un’istituzione pubblica italiana un’installazione composta da una serie inedita di sedici lavori su carta di gradi dimensioni. La mostra è a cura di Maria Alicata.

Ogni disegno, come suggerisce il titolo della mostra, si riferisce a un capitolo o un estratto del libro di Niklas Luhmann Amore come passione, 1985, Laterza (titolo dell’edizione originale: Liebe als Passion. Zur Codierung von Intimität, 1982, Suhrkamp Verlag). Fedele alla teoria sistemica, l’autore traccia un quadro generale dell’evoluzione della semantica dell’amore che è innanzitutto un codice, un mezzo di comunicazione della sfera più intima e profonda della persona.

Partendo dall’analisi del testo, Jorinde Voigt indaga a sua volta il processo di cognizione e comunicazione delle immagini interiori, individuali e collettive che risultano dal sentimento. L’artista disegna dei modelli di pensiero, delle mappe concettuali, tramite una struttura di coordinate spazio-temporali e categorie, come la posizione e il movimento del soggetto, i punti cardinali, la velocità del vento.

NOMACHI. Le vie del sacro

14.12.201304.05.2014

Da martedì a venerdì ore 16.00 – 22.00
Sabato e domenica ore 11.00 – 22.00

Chiuso lunedì, 24-25 e 31 dicembre, 1° gennaio, 1° maggio

Ingresso consentito fino alle ore 21.00

Paolo Picozza – In caduta libera, con poco cielo davanti

18.12.201326.01.2014

Prima importante mostra in un museo pubblico dedicata a Paolo Picozza, artista romano nato nel 1970 e scomparso prematuramente nel settembre del 2010. L’esposizione, a cura di Achille Bonito Oliva, raccoglie circa quaranta opere dell’artista, tra cui tele di grandi dimensioni, opere su carta e alcuni tra i suoi ultimi lavori inediti; in mostra anche un’intervista video inedita.

Nelle grandi tele e nei fogli di carta preparatori Paolo Picozza rappresenta la sua città, Roma, tra vedute urbane e periferie possenti, oltre a paesaggi di campagne arcaiche. La natura viene interpretata dall’artista in tutte le sue possibili metamorfosi, tramite il recupero di uno spirito espressionista e nordico, mettendo in risalto il cupo dell’atmosfera notturna. L’immagine si costruisce con tutta la forza del gesto, le figure acquistano tridimensionalità sulla superficie grazie alla scelta dei materiali e alla scala cromatica e tonale.

Renato Mambor. Atto Unico

20.12.201321.04.2014

Renato Mambor (Roma, 1936) –  tra i protagonisti di quel particolare filone creativo sviluppatosi negli anni Sessanta in ambito romano e passato alla storia come Scuola di Piazza del Popolo – si distingue per una ricerca iconica e oggettuale che tende a scardinare codici linguistici precostituiti. La sua opera si pone al confine tra varie forme espressive e, attraverso la sperimentazione di linguaggi diversi e l’abbandono dell’oggetto pittorico in sé, si apre sempre ad un rapporto metalinguistico tra parole, immagini, cose e persone, creando un cortocircuito vitale tra oggetto e soggetto.

L’esposizione, a cura di Benedetta Carpi De Resmini, rientra nel programma rivolto ai “maestri del contemporaneo” – artisti della seconda metà del XX secolo – che il Museo ha sviluppato negli ultimi due anni, con progetti speciali dedicati a Vasco Bendini, Claudio Cintoli, Gastone Novelli, Vettor Pisani e Giulio Turcato. 

Percorsi nel contemporaneo

20.12.201304.05.2014

Allestimento inedito di un significativo nucleo di opere – circa 50 –  provenienti dalla collezione permanente. Il percorso espositivo si sviluppa in un dialogo tra opere storiche e più recenti, attraverso sei sezioni per approfondire e sottolineare continuità e dialoghi tra le varie ricerche dei singoli artisti: All’origine della forma, Simboli e icone, Sperimentazioni segniche, Stimoli illusori, Identità e confini, Suggestioni urbane.

La collezione del Museo, composta di 1264 opere, è in costante crescita grazie alla generosa collaborazione di partner quali Enel, UniCredit e MACROAMICI, che contribuiscono allo sviluppo del patrimonio museale attraverso donazioni e comodati. 

Gianluca e Massimiliano De Serio. Esecuzione

20.12.201304.05.2014

Esecuzione è una doppia video-installazione in cui i fratelli De Serio, partendo dal loro essere gemelli e dal paradosso dell’essere allo stesso tempo soli e inevitabilmente legati, mettono per la prima volta in gioco se stessi indagando il tema dell’identità, attraverso un linguaggio ibrido, tra messa in scena e performance.

Il video è un doppio autoritratto, realizzato attraverso il montaggio sequenziale dell’azione di fotografare se stessi (e l’altro) come di fronte ad uno specchio, muniti entrambi di una polaroid. I protagonisti mostrano in quest’azione meccanica e in questo costante slittamento temporale, l’incertezza nel riconoscersi nell’altro, e la difficoltà nel mostrare con chiarezza la propria individualità. Nell’opera permane quindi un elemento ambiguo che evidenzia la struttura aperta dell’opera. L’esecuzione della foto diventa l’esecuzione che li uccide come identità, li identifica nella loro comune “maschera”, e li reitera nel loop. 

Roberto Bosco – Oltre confine

22.12.201326.01.2014

a cura di Tommaso Strinati

MACRO Testaccio

Prima importante mostra in un museo pubblico italiano dedicata a Roberto Bosco, artista romano molto apprezzato all’estero. L’esposizione, a cura di Tommaso Strinati, presenta sei lavori editi e una settantina di opere inedite, tra cui una ventina di trittici e altri lavori su tela di grandi dimensioni pensati appositamente per lo spazio del Museo, che fanno parte del progetto OLTRE CONFINE, iniziato dall’artista nel 2012 con le mostre al Today Art Museum a Pechino e alla Georgia Berlin Galerie a Berlino.

Roberto Bosco nasce a Roma l’8 luglio 1951. Giovanissimo parte per Parigi e inizia, tra tante difficoltà, la sua attività artistica dividendo le sue giornate tra pittura e letteratura. E’ il 1968: la metropoli francese è l’epicentro della contestazione studentesca, simbolo di un periodo pieno di sollecitazioni culturali e politiche. Qui Roberto Bosco muove i suoi primi passi e  trascorre le sue giornate immerso nello studio e nell’approfondimento delle diverse tecniche compositive. Tornato in Italia collabora, come autore radiofonico, con la RAI per la quale scrive, nell’arco di venti anni, decine di radiodrammi, curandone, talvolta, la regia. Negli anni Settanta i suoi quadri vengono esposti con successo a Londra e a Parigi, mentre alcuni mercanti li acquistano per proporli a diverse gallerie del mondo. Negli anni Ottanta e Novanta soggiorna diverse volte a Parigi trovando un punto di riferimento nella galleria Man Art che vende le sue opere soprattutto ad americani e giapponesi. Sebbene la pittura figurativa è messa in ombra dall’arte astratta e concettuale del periodo, Roberto Bosco continua  la sua ricerca sul colore e sulle forme di ascendenza classica, rielaborando moduli espressivi e formali che raccontino la complessità umana e storica della fine del ventesimo secolo. L’incontro con Leopoldo Chizoniti produce una serie di occasioni espositive culminate nel progetto OLTRE CONFINE, che prevede tre mostre: al Today Art Museum di Pechino (2012), alla Georgia Berlin Galerie di Berlino (2013) e, prossimamente, al Brooklyn Museum di New York (2014).

Vittorio Messina. Postbabel e dintorni

27.02.201404.05.2014

a cura di Bruno Corà
 
MACRO Testaccio

Mostra personale dedicata a Vittorio Messina, artista siciliano che da molti anni vive e lavora a Roma. L’esposizione, a cura di Bruno Corà, raccoglie quattordici opere, alcune di considerevoli dimensioni, in gran parte concepite e realizzate nel corso del 2013 e 2014, che mettono in evidenza la fase di sensibile innovazione della creazione plastica di Vittorio Messina.

La mostra al MACRO è in stretto rapporto con quella che l’artista presenterà il prossimo aprile presso la Kunsthalle di Göppingen (Germania), a cura di Werner Meyer e Bruno Corà. Entrambe le esposizioni infatti, anche se con opere diverse, sono pensate per essere un momento di riflessione sull’evoluzione della poetica di Messina negli ultimi anni.
L’intensa attività dell’artista degli ultimi mesi confluisce coerentemente nelle importanti esposizioni di Roma e Göppingen, illustrando il suo nuovo orizzonte
estetico, giunto a una maturità linguistica distintiva della sua azione.
La mostra romana e quella tedesca affiancheranno a un gruppo di installazioni inedite, dalle dimensioni ambientali, una selezione di opere pre-esistenti, presentando gli esiti di una rinnovata elaborazione degli elementi centrali nella pratica dell’artista, come l’interesse per la dimensione architettonica, l’utilizzo del neon e la predilezione per i materiali edili e industriali. Allo studio della relazione con lo spazio – con le sue implicazioni costruttive, urbanistiche e abitative – le opere affiancheranno una riflessione sul tema del tempo (centrale nella video-installazione Hermes, frutto di una lunga genesi avviata nel 1970), testimoniando la grande coerenza poetica e formale del lavoro di Vittorio Messina.

Note biografiche
Nato a Zafferana Etnea nel 1946, Vittorio Messina, dopo aver terminato gli studi al Liceo Artistico, all’Accademia di Belle Arti e alla facoltà di Architettura di Roma, ha elaborato la propria cifra linguistica a partire dalla fine degli anni Settanta  distinguendosi tra i protagonisti della sua generazione.

Davide Stucchi ed Helena Hladilová – PREMIO 6ARTISTA (IV edizione)

10.04.201418.05.2014

a cura di Marcello Smarrelli

In mostra i lavori dei vincitori della IV edizione di 6ARTISTA, il programma di residenze – promosso dall’Associazione Civita e dalla Fondazione Pastificio Cerere, grazie al sostegno della Camera di Commercio di Roma e della Fondazione Roma – nato con l’obiettivo di supportare la crescita professionale dei giovani artisti under 30 che vivono in Italia.

Davide Stucchi ed Helena Hladilová hanno trascorso un periodo di residenza di sei mesi a Roma presso la Fondazione Pastificio Cerere, punto di riferimento fin dagli anni Settanta della sperimentazione artistica e, grazie alla collaborazione degli Incontri Internazionali d’Arte, altri tre mesi presso la Cité Internationale des Arts di Parigi, istituto no profit per l’internazionalizzazione delle arti, che vede la presenza di oltre 300 studi d’artista.
L’obiettivo è quello di favorire il confronto con diversi linguaggi, idee e tecniche, sostenendo la produzione artistica contemporanea e creando nuove relazioni con i principali attori del sistema dell’arte contemporanea nazionale ed internazionale.

La doppia personale ideata per il MACRO, a cura di Marcello Smarrelli, Direttore Artistico della Fondazione Pastificio Cerere, con l’assistenza curatoriale di Saverio Verini, presenta le opere nate dalla ricerca e dal lavoro dei due artisti, durante i nove mesi di residenza tra Roma e Parigi.

Partendo dalla riflessione sulla questione dell’aura dell’opera d’arte, Davide Stucchi analizza il tema dell’opera d’arte danneggiata in quanto fenomeno in grado di aprire un nuovo feticismo rispetto all’oggetto artistico e alla sua trasmissione. Per questa mostra l’artista ha scelto di enfatizzare l’azione di usura sulle opere esposte, secondo un’attitudine ironica. Davide Stucchi indaga i cambiamenti di stato e forma che modificano le opere in mostra, a seguito della loro produzione e distribuzione e costruisce una mostra “danneggiata”, producendo una seconda volta sullo stesso oggetto i gesti necessari a realizzare l’opera stessa. La “manipolazione” della forma pone così il progetto di Stucchi in relazione con la “critica istituzionale”, con l’obiettivo di mettere in discussione il concetto di unità e aura dell’opera d’arte.

Come spesso accade nel suo lavoro, Helena Hladilová reagisce al contesto istituzionale e espositivo in cui è invitata a operare, modificando l’abituale relazione tra spazio museale e esperienza dell’opera d’arte. Il progetto dell’artista, intitolato Capping – termine mutuato dal lessico del graffiti writing, con il quale si definisce la pratica di intervenire per cancellare o coprire un graffito con un altro segno –, si presenta come una scultura formata da pannelli di legno, collocati nello spazio e ricoperti su un lato da plastilina bianca, come un monocromo in attesa dell’interazione con lo spettatore. Quest’ultimo è infatti invitato ad abbandonare la staticità del suo ruolo, mettendosi attivamente in gioco intervenendo sull’opera, modellandone la superficie.

Al termine della mostra la scultura sarà “smontata” e i pannelli mostreranno i risultati dell’interazione.

OASI – Licia Galizia e Michelangelo Lupone

10.04.201431.12.2014

Originale installazione scultoreo-musicale adattiva nata dalla collaborazione tra l’artista Licia Galizia e il compositore Michelangelo Lupone. L’opera è il risultato artistico di un progetto di ricerca denominato ADAMO (Adaptive Art and Music Opera) promosso da Space Italia, realizzato dal CRM – Centro Ricerche Musicali di Roma con il sostegno di FILAS-Regione Lazio. L’installazione è concepita come un luogo di esperienza multisensoriale, che integra le forme plastiche alla musica, generata e modulata dalle stesse, e consente al visitatore una fruizione più partecipata, mediante un ambiente  interattivo nel quale immergersi, in grado di mutare comportamento in funzione degli accadimenti che si svolgono al suo interno.

Tutti gli elementi dell’installazione sono infatti sensibili alla posizione, al movimento, al contatto con il fruitore, mutando e adattandosi rispetto ai suoi gesti e alle condizioni dell’ambiente circostante: la presenza e la posizione del pubblico, i momenti del giorno e lo scorrere del tempo, i suoni, i rumori o le voci circostanti, le variazioni di luce e le azioni tattili effettuate su di essa.

L’opera si basa sui Planofoni, una particolare tecnologia ideata dal compositore Michelangelo Lupone e sviluppata al CRM, in grado di produrre e diffondere il suono che emana dai materiali naturali e sintetici (metalli, legno, carta, vetro e derivati di questi) utilizzati e messi in vibrazione con appositi dispositivi elettronici, che danno vita ad una partitura musicale indotta dalla struttura della materia, dalle geometrie del design, dagli orientamenti e le curvature delle superfici, dai volumi plastici occupati. 

Si tratta di sistemi multifonici d’ascolto che permettono di dare al suono le caratteristiche timbriche del materiale utilizzato e consentono, attraverso una irradiazione puntuale su tutta la superficie, di disegnare lo spazio acustico in relazione allo spazio architettonico.

L’installazione OASI presenta due aree contigue e interconnesse, caratterizzate ciascuna da un punto catalizzatore delle attività adattive, dove il fruitore può stabilire un dialogo intimo con la musica e dar vita alle sue mutazioni cogliendone la coerenza con le forme plastiche e le caratteristiche della materia.

In ognuno degli ambienti il visitatore è invitato ad entrare scalzo, al fine di percepire meglio le forme, le qualità vibrazionali delle pavimentazioni, le diverse risposte musicali degli ambienti in funzione della sua posizione, della quantità e della rapidità dei suoi movimenti.

Licia Galizia (artista, Teramo 1966) vive e lavora a L’Aquila e a Roma. La sua ricerca è caratterizzata da un continuo riferimento a problematiche estetico-concettuali che ruotano intorno alla percezione e alla comprensione dello spazio-tempo, nei limiti della sua definibilità artistica e del suo continuo divenire e mutare nelle forme e nelle relazioni.

Michelangelo Lupone (Compositore, Solopaca, 1953). La sua attività si distingue per l’approccio interdisciplinare che ha permesso di orientare la sua ricerca artistica verso forme d’arte integrate coniugando le esigenze d’innovazione del linguaggio musicale con  il pensiero scientifico.